L’importanza della scrittura in Madame – Recensione del disco

Madame

Madame ha finalmente debuttato con il suo primo disco ufficiale, offrendoci una panoramica completa sul suo talento.

Dopo una lunga attesa, Madame ha finalmente debuttato con un album che porta il suo nome. Un album che porta il peso delle aspettative creato a Sanremo con Voce, che è stato uno dei pezzi più apprezzati nonostante la classifica finale dica altro. Voce è stato un brano lontano dai canoni sanremesi, che ha strizzato l’occhio ad un cantautorato più ricercato, coinvolgente e minuzioso sia nella sua scrittura che nella sua struttura, e che ha sicuramente una forte matrice rap.

Non è un caso infatti che lo stesso brano sia stato apprezzato da un bacino d’utenza via via più largo, così che il nome di Madame sia diventato davvero tra i più caldi dell’ultimo periodo, tanto da rivolgersi a chiunque.

Voce nella classifica finale è finito ottavo, ma vi basterà fare un giro nei commenti del video ufficiale per vedere come diverse generazioni si siano spontaneamente ritrovate nelle intense vibes di questo brano.

Madame però non è soltanto Voce, che comunque ne è la madre spirituale. Come primo album, l’artista 19enne ha scelto di rappresentare graficamente la sua musica col bianco, che notoriamente è un colore associato alla purezza ed alla “sospensione”, ma anche ad un clima freddo: la spiegazione di questa scelta viene a galla lungo tutto il disco, dove la cantante vicentina sperimenta la sua voce a più livelli, mostrandoci un’anima eterea che spazia dal pop al rap con eleganza e senza troppi clichè.

Per capire Madame bisogna accettarne il mood, che non è di facile comprensione per via di un sound generale e da un numero di tracce e di featuring difficile da digerire ai primi ascolti. Forse un lavoro più unidirezionale e con meno produttori avrebbe potuto dare uno spessore ulteriore alla narrazione del disco, che comunque si attesta ad alti livelli soprattutto nei beat di 2nd Roof , del suo producer Bias e di un Crookers in forma smagliante.

Un’altra cosa che può far storcere il naso può essere la presenza di singoli come Baby e Clito che, pur facendo da traino per le sorti del disco, sono usciti davvero troppo tempo fa e forse decontestualizzano un po’ il tutto. Non è presente invece il singolo Sentimi, che si sarebbe integrato davvero bene con il resto delle tracce.

Il pregio più grande di Madame è sicuramente la scrittura che permea i brani del disco. Già con Anna e con Schiccherie si intuiva che Francesca avesse un dono particolare nel sapersi raccontare, ma con la prova del primo disco quell’intuizione è diventata una certezza. La sua voce e la sua personalità riescono sempre a dominare la traccia, scrivendo un attimo della sua sfera sessuale e quello dopo dei suoi ricordi da adolescente o del rapporto con i genitori, come accade in Mami Papi.

Perché non va dimenticato che Madame ha diciannove anni, ma che questi diciannove anni sono soltanto un numero che forse non riflette bene un’anima sicuramente più matura della sua età, che riesce a guardare all’essenza delle cose con poesia e naturalezza il più delle volte.

“Sembro apatica, ma, in fondo, ho un’anima senza lo scudo
Sarò nuda, sarò al buio, ma sarò sempre al sicuro”

E’ il caso della traccia Dimmi Ora realizzata insieme a Guè Pequeno, dove Madame ci racconta di una rottura in modo adulto ed in cui la differenza d’età rispetto al Guercio quasi non si percepisce, così come l’esperienza e l’abilità in scrittura; c’è la perdita di pudore in Clito e in Nuda, dove Ernia contribuisce con una strofa a regola d’arte; ma soprattutto ci sono Bamboline Boliviane, Amiconi Freestyle e Vergogna, che si posizionano tra i brani più riusciti del disco.

Dentro ci sono strofe in cui Madame riesce a spogliarsi interiormente, mostrando una versatilità sorprendente: provoca l’ascoltatore con versi che vanno a segno,  gioca con la profondità della sua penna ed infine riesce anche a sradicare dei taboo e dei preconcetti legati a delle categorie, in cui lei sembra non voler essere inserita.

Amiconi Freestyle in particolar modo ci ricorda come Madame sia in lizza per essere la best female rapper italiana nonostante questo non sia un disco prettamente rap.

Madame è proprio come la sua autrice, indecifrabile e sfuggevole. In Baby chiedeva la libertà di essere una donna meno pop, perché il tempo di rovinarsi i piedi coi tacchi ce ne sarebbe stato in futuro: chissà se ha pensato a questo particolare quando ha deciso di presentarsi alla prima di Sanremo a piedi nudi.

Perché “Voce” è sembrata essere molto più identitaria e personale di alcuni passaggi a vuoto nel disco, che ne completano il repertorio ma che forse aggiungono poco alla sua sostanza (Babaganoush, Luna, Il Mio Amico). Stessa cosa che accade con i featuring, che non sempre riescono ad impreziosire ciò che Madame ha creato. Forse avrebbe potuto osare di più da sola.

Ma è nei suoi testi che l’artista vicentina ha introdotto un qualcosa di significativo in una comunicazione generazionale troppo spesso filtrata dai contesti e da una cultura troppo individualista: l’empatia. Madame sa come parlare agli altri, sa dare voce al malessere e ad un sentirsi comune molto diffuso.

“Col tempo la solitudine si è fatta abitudine
Nel fegato le incudini mi hanno creato i buchi
Le mie paranoie stupide son diventate musica
Chissà nel mio futuro se il dolore sarà utile”

Giocando con gli estremi del disco potremmo dire che Madame è un disco scritto con quello che ha definito il suo peggior difetto, l’istinto,  per mascherare la vergogna di sentirsi diversi. Questo disco inoltre sfata il falso mito del “devi vivere di più se vuoi scrivere meglio”. Madame sembra avere davvero un’anima importante, e già questo le conferisce un che di regale rispetto alla media.

Perché è sempre difficile credere ad un genio vestito da bambina, ma non questa volta.