Claver Gold, Murubutu – Ulisse (testo)

Murubutu Claver Gold

Testo di Ulisse di Claver Gold e Murubutu.

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Il mare scrive e canta rime al rostro delle barche
io ho navigato lungo il filo delle coste barbare
porti persi ad arte sulle rocce carsiche
ora brucio con due punte in una di tre cantiche.
Gli occhi immersi fra i miei sensi che hanno sempre sete
di un folle volo della fantasia
fra i mondi immensi fra i riflessi presi in una rete
sogno il ritorno per tornare via via via
La dove voci di sirene offuscano la mente
il mare si farà bollente e il ricordo latente
dove ogni sbaglio era un bagaglio ricolmo di niente
portare al limite il sapere in terre senza gente
Ogni capello era un serpente e mentre si fa sera
sottocoperta conto i giorni a lume di candela
ora che il vento si fa grande e gonfia la mia vela
lei sta aspettando il mio ritorno poi disfa la tela

Visione nitida ho visto me stesso e l’isola,
alle prime ore là il sole scaldava Itaca,
dentro il mio cuore ogni rotta s’è fatta effimera
e muta la nostalgia qui in una speranza liquida.
La stessa conta che una volta lasciò tutti muti,
la stessa mossa sulla costa lasciò tutti i bruti
e le onde aperte là fra le colonne d’Ercole,
la stessa forza che mi sposta è soprattutto Hybris.

Vedi
Qui va tutto bene, tutto a gonfie veli
Come i marinai
le onde corte intanto
Vieni
Qui con gli occhi pieni, tutto quel che vedi
A me non basta mai
L’ottava bolgia forgia fiamme mentre il giorno muore
dentro ogni fuoco c’è lo spirito di un peccatore
c’è un grido stanco di dolore la eco fa rumore
di chi cercava nuovi mondi in acque senza amore
Dove l’onore si fa largo navigando al largo
esseri umani come schiavi dentro navi cargo
nel porto gelido letargo come in un embargo
la fedeltà premia l’attesa dentro gli occhi d’Argo

E questa schiuma che profuma e mi sussurra lieve
e mischia all’alba le correnti nella vita mia
muove il traguardo verso nuove mete greche
mentre mi incanto alla follia di questa sinfonia
Io che vidi l’eclissi, che avvinsi Calipso
Che vissi gli abissi fra gli istmi mai visti
che vinsi e sconfissi, si, Scilla e Cariddi
e ora riposo sui fondali della Andalusia
Quando il Ciclope mi parlò io risposi “Nessuno”
e quando il mare ci affondo io risposi “Nettuno”
quando il cavallo in legno entro io scomparvi nel fumo
poi dopo Circe navigammo al quinto plenilunio
Verso quei lidi inesplorati dove il sole desta
cantami o musa dell‘eroe di Grecia e le sue gesta
che brucia lento tra le fiamme al canto della bestia
che sfidò il fato fino all’ultima triste tempesta

Qui va tutto bene, tutto a gonfie veli
Come i marinai
le onde corte intanto
Vieni
Qui con gli occhi pieni, tutto quel che vedi
A me non basta mai

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