«Nevada è esattamente il disco che volevo» – Intervista a Ntò

ntò

Abbiamo raggiunto telefonicamente Ntò per fargli qualche domanda su Nevada, il suo nuovo disco in uscita per Sony dopo anni di lavoro.

Il nome di Ntò non ha bisogno di presentazioni: tra i Co’Sang e la sua carriera solista il rapper napoletano ha scritto pagine importanti della storia del rap italiano. Venerdì 28 febbraio uscirà Nevada, il suo nuovo disco, dopo parecchio lavoro.

Per questo abbiamo scambiato due chiacchiere con lui, arrivando a toccare diversi punti interessanti. Buona lettura!

Ho ascoltato a lungo Nevada e sinceramente mi aspettavo un disco diverso, né migliore, né peggiore, ma con un diverso approccio. L’idea che mi ha dato questo album è di un lavoro con diverse facce, invece credevo avesse una direzione precisa. Come è nato l’album? Volevi toccare proprio più punti musicali?
«Sì, è esattamente così. Se mi conosci saprai che anche con Il Coraggio Impossibile cercai di fare un disco variegato. Infatti il disco si apriva con un pezzo “duro” che si alternava con altri brani più morbidi, e anzi, in questo disco ci sono più tracce “toste” rispetto a quello. In questi anni nei quali ho lavorato al disco ho voluto sperimentare ancora, mantenendo comunque la mia identità solita, credo sia questo il motivo dell’eterogeneità del disco. L’obiettivo non è quello di “acchiappare più fan”, anche perché in Nevada si trovano tante cose che c’erano anche nei miei lavori passati.»

Mi hai anticipato, volevo proprio dirti che avevo trovato un po’ di somiglianze tra questo disco e Il Coraggio Impossibile. È così quindi?
«Assolutamente sì, anche perché ho usato tantissimi strumenti nella registrazione e nella composizione, c’è stata un po’ più di attenzione, la stessa che utilizzammo all’epoca.»

Credi che quel disco ebbe la giusta considerazione?
«Credo di no… C’è un’ironia della sorte: io quel disco lo proposi ad EMI, dove c’era l’attuale presidente della Sony che mi disse che l’album era molto bello ma che se fosse uscito qualche anno dopo sarebbe stato più adatto. Non voglio essere ipocrita, però davvero credo che lì c’erano delle cose che in un certo senso hanno precorso i tempi del rap italiano. Sono comunque molto felice che tanti fan lo ricordano e lo ascoltano con particolare affetto. Le analogie con Nevada sono in tutto il processo creativo, senza dubbio.»

In questo album hai chiuso tante collaborazioni. Le hai pensate a tracce chiuse o in corso d’opera?

«In corso d’opera, assolutamente, traccia per traccia, a seconda del mood del pezzo. Io avevo in testa un’idea delle possibili persone che potevano starci bene e in base a quello le abbiamo contattate.»

Cambiando discorso, con Gomorra ─ per la sigla e non solo ─ hai acquistato parecchia popolarità e una cosa che mi ha colpito è che parecchia gente dall’estero ha apprezzato il brano. Questo ti ha dato la possibilità di entrare in contatto con rapper stranieri?
«In realtà c’era un’idea di fare un remix della sigla, con un rapper francese e uno tedesco, ma non ti posso dire niente (ride, ndr). L’idea di fare collaborazioni con l’estero mi stuzzica molto, già con i Co’Sang dall’estero avevamo una buona reputazione, e con la serie in un certo senso penso di aver rafforzato quest’immagine. Ricordo che quando la serie andava in onda in Francia in alcuni periodi ho trovato nelle mie statistiche di Spotify Parigi al numero 2 dopo Napoli. Tutto questo mi fa estremamente piacere. Magari con la nuova stagione potrebbe nascere un remix, vedremo (ride, ndr).»

Il pezzo con Clementino, omonimo del disco, è andato molto bene. Te lo aspettavi?
«Ti devo dire la verità: è un pezzo sentito, un brano così io e Clemente non lo avevamo mai fatto, così sentito, emozionale. A dire il vero non avevo particolari aspettative, perché oggi è un marasma, non sai mai come può andare un pezzo. Non era un brano troppo facile, può sembrare dolce, ma non è un pezzo d’amore classico e anche la strofa di Clemente mi è piaciuta, si sente che l’ha fatta dal cuore. È stata una cosa nata in poco tempo, eravamo reduci dalla bella serata de Pala Partenope e come gli presentai la cosa lui in poco tempo scrisse la strofa. Sono felice di come sia andata, non me l’aspettavo.»

La scena napoletana sta vivendo un momento d’oro. Che aria si respira? Ci si aiuta a vicenda o è una sorta di tutti contro tutti?
«Non ci si mette i bastoni tra le ruote, ma non vedo tanta unione. Purtroppo credo sia una cosa quasi genetica nel mondo artistico napoletano. Dovrebbe esserci sana competizione però forse è troppo accesa.»

Cosa ne pensi dell’abbattimento delle vele? Può essere l’inizio di una rinascita? E dal punto di vista culturale?
«Dal punto di vista abitativo è indubbiamente un fatto positivo. È un fatto che le persone che vivevano lì erano in condizioni davvero poco dignitose e quindi è giusto che adesso abbiano diritto ad una casa vera. Dal punto di vista culturale, non è che tutto il movimento attorno a Le Vele portasse veri benefici al quartiere, a parte Gomorra, tutti quelli che venivano a filmare venivano e andavano via, come fosse un set. Sarebbe stato interessante creare una sorta di factory cinematografica o qualcosa legato alla musica, come è stato fatto in alcune capitali europee, però paradossalmente così avrebbero perso la loro autenticità, diciamo così.»

Co'sang

Oggi tanti si vantano di avere una certa street credibility a livello musicale, magari ignorando anche la storia che hanno fatto i Co’Sang. Tu credi che abbiate ricevuto la giusta considerazione all’epoca e che ora abbiate il giusto rispetto per quello che avete fatto?
«Dal punto di vista del giornalismo di settore, per fortuna credo che nel corso degli anni hanno imparato a conoscerci e a rispettarci tutti. A livello discografico è un altro discorso, era un altro momento per il rap italiano, non vivevamo l’era digitale e anche tutto il mercato nero dei dischi ci ha penalizzato, ma per fortuna credo che il nostro nome sia ancora ben impresso nella testa di tanti.»

Hai già pensato a come portare il disco in giro per l’Italia?
«Innanzitutto mi piacerebbe inserire dei momenti scenografici da inserire nel live e poi sicuramente vorrei portare con me un bassista e un batterista.»

Alla fine questo era il disco che volevi creare, o hai qualche rimorso?
«Credimi, il disco è venuto esattamente come volevo, anche per questo ci ho messo un po’, chiaramente sempre secondo la mia visione.»