Iggy Azalea ha detto la sua? Recensione di In My Defense

Iggy Azalea

In My Defense segna il ritorno di Iggy Azalea sui beat di J. White Did It.

Chi segue Iggy Azalea dai tempi del debutto, sa che la ragazza non ha avuto vita facile: l’essere una donna bianca proveniente dall’Australia non ha fatto altro che metterle i bastoni tra le ruote.

Il disco d’esordio di Iggy è un progetto electro-hop in cui non mancano momenti buoni, ma non possiamo parlarne come un lavoro di prim’ordine: la rapper stessa è arrivata a “rinnegarlo” descrivendolo come una “collezione di singoli” più che un vero e proprio “album”.

Dopo il 2014 Iggy Azalea ha dovuto fare i conti con momenti non facili: la depressione, la rottura con Def Jam ed Island Records, due progetti cancellati ed altrettanti tour messi da parte. I social media l’hanno attaccata accusandola di razzismo, di appropriazione culturale e di non essere hip hop.

In My Defense è – in qualche modo – il secondo debutto di Iggy Azalea: debutto da indipendente e da artista che ha avuto il controllo creativo dell’intero progetto.

L’obiettivo di Iggy era molto chiaro: fare quel che voleva e dire la propria su alcune questioni.

In My Defense è un lavoro coeso, lontano dalle tinte pop di The New Classic. Le produzioni rappresentano il suo punto forte e sono sintomo di un lavoro certosino: Iggy Azalea ha spinto l’acceleratore ed il risultato finale è davvero buono.

L’album presenta influenze trap ed electro-hop, ma le melodie confezionate da Iggy e J. White sono a prova di noia. Tra i momenti migliori segnalo Thanks I Get, Sally Walker e Spend It.

Quanto ai contenuti, nelle prime tracce finisce tutto quanto nel mirino di Iggy Azalea: le accuse di razzismo, le critiche dei detrattori, l’odio ricevuto dai colleghi. I brani successivi sono invece una celebrazione dei soliti cliché hip hop (sesso, denaro, twerk, etc.). Tuttavia, le produzioni micidiali di J. White arginano questa carenza di sostanza.

In My Defense è il disco della maturità tecnica e sonora di Iggy Azalea, che dovrà invece lavorare sui contenuti. La femcee non è una paroliera come Rapsody né un mostro di tecnicismo come Nicki Minaj. Tuttavia, con questo album la rapper ha detto la propria e noi l’abbiamo sentita forte e chiaro.