«In Italia siamo un popolo strano, amiamo più discutere su una cosa che farla» – Intervista a Dj Myke

Dj Myke intervista

Un’interessante intervista a Dj Myke aka Micionero aka Skratch Master.

Erano giorni torridi e afosi quelli di qualche settimana fa e l’unico filo di vento in quel periodo è stata la richiesta di intervistare un uomo di ghiaccio come Marco Micheloni, in arte Dj Myke.

Da ragazzino infatti, come tanti penso, sono stato investito dal talento del giovane Rancore che proprio una decina di anni fa faceva il suo ingresso nella scena. La cupezza dei testi era magicamente implementata da un nome ricorrente, Dj Myke, a tal punto che li si riconosceva quasi come un duo, un gruppo. Un duo molto particolare perché composto da una giovanissima leva e da un navigato Disc Jockey, nonché campione nazionale con anche ottimi risultati internazionali. Ebbene sì, un maestro di due discipline che il Rap Italiano ha sempre sottovalutato ma di cui si è sempre servito, e ora capite il perché dell’emozione nel poterlo intervistare.

Dunque per tutti gli appassionati, senza ulteriori indugi, ecco cosa ci siamo detti tra sprazzi di ironia, serietà ed attualità:

Il Turntablism, in calo già dagli inizi del 2000, ora sembra praticamente scomparso e per fortuna ci sono eventi come l’IPB che lo valorizzano ancora. Oltre a questo format, hai la ricetta per un suo ritorno di fiamma nel nostro Paese?
«Diciamo che ci sono due inesattezze secondo me. Il turntablism in realtà non è mai “andato”, quindi non è mai in calo o particolarmente in crescita. Dopo la fine degli anni ‘90 – inizi 2000, era un po’ più la cultura ed il movimento Hip Hop ad “andare”, quindi discipline come breaking, writing e DJing erano più in vista, anche perché essendoci meno massa di contenuti, come abbiamo oggi, le notizie erano più mirate. Oggi DJing e turntablism, grazie soprattutto ai social (parlo al livello globale), stanno vivendo una sorta di nuova “golden age”. Ovviamente parliamo di una disciplina molto difficile, quindi sarà difficile che potrà mai diventare di massa. IPB è stata una genialata, grazie soprattutto al mio amico e socio Stefano Tasciotti che un giorno mi chiamò e mi disse: “Myke, cosa ne pensi di questa cosa dei giradischi portatili?” E da lì ci venne l’idea di fare un contest. Diciamo che IPB ha portato un contenuto “non popolare” al livello di tutti, perché lo ha trasformato in “gioco”, quello che poi in realtà è un po’ tutta l’industria dell’intrattenimento, dello sport: un gioco! E a tutti noi ovviamente piace giocare. Se avessi avuto la ricetta, in primis l’avrei usata su di me (ride, ndr), nel senso che in Italia siamo un popolo strano, amiamo più “discutere su una cosa” che “farla”, vedi la politica, che è un po’ lo specchio della situazione.»

Sempre a proposito di una delle nobili arti, come sei diventato uno dei master dello scratch? Com’è iniziato e come si è evoluto il tutto?
«Innanzitutto grazie del “master”, che credimi ho sempre pensato di non meritarmi, anche perché ancora (se segui le mie pagine) sono lì a scervellarmi sulle tecniche… I master non hanno più nulla da imparare, io mi annoierei come un cane (visto che sono Micionero, non posso annoiarmi come un cane, ergo non sarò mai master). È iniziato tutto per caso, da piccolo ogni tanto andavo a vedere qualche DJ. In un rave vidi LoryD che scratchava sulla techno e da lì mi prese “la scimmia”. Poi, quando nel ‘95 conobbi DJ Aladyn, fu lui a darmi l’investitura e mi insegnò. Mi fece vedere le prime cose che furono fondamentali per tutto quello che poi ne conseguì.»

E andando a ritroso invece, come sei arrivato all’Hip Hop? Suonavi già altri generi? Che background musicali avevi alle spalle prima?
«Anche lì per caso, grazie allo scratch, mi sono innamorato per prima cosa del turntablism. Poi, andandomi ad informare (quello che consiglio sempre di fare a tutti quelli che si avvicinano a qualcosa, informatevi!) ho capito tante cose e mi sono avvicinato all’Hip Hop come genere musicale. Anche lì fu amore al primo ascolto. Ho sempre ascoltato tutto, ma veramente di tutto, infatti ogni volta che mi si chiede quale sia il mio genere preferito non so cosa rispondere. Ti direi: “la musica che mi piace”, lo so che è troppo facile, ma è così. Come DJ ho iniziato mixando techno, hardcore, robe di Detroit, Rotterdam, ritmiche veloci e martellanti, poi – siccome è il mio carattere – mi annoiavo. Non mi è mai piaciuto essere monotematico, per cui ho iniziato a mixare e passare di tutto.»

Piuttosto che scadere nel banale chiedendo come vi siete conosciuti e similia, cosa ha reso così speciali le collaborazioni tra te e Rancore? Le tue produzioni sembrano nate per la sua voce e per i suoi testi e viceversa, eppure siete due generazioni lontane provenienti da due ambienti simili ma diversi.
«La generazione c’entra poco con determinate persone e modi di pensare e vivere. Anche lì il tutto è nato per caso, perché è sempre la casualità a generare cose speciali. Abbiamo vissuto la musica che facevamo e questo l’ha resa speciale e contemporanea, a mio modesto parere.»

Nel 2008-10 l’Hip Hop italiano sembrava quasi morto con l’esplosione prima del Rap “Gangsta” e poi del mainstream vero e proprio grazie i vari Club Dogo e Fabri Fibra. Nel 2010-12 iniziavano già i primi esperimenti Trap con Gemitaiz e MadMan, oltre che con gli stessi Dogo. Proprio in quel periodo, completamente in controtendenza, il dynamic-duo Rancore & DJ Myke ha proposto invece tre progetti molto diversi, interessanti, sperimentali e culminati con un masterpiece come Silenzio. Cosa vi passava per la testa in quel periodo
«Quel periodo per molti è stato comodo, in Italia molte persone che ragionano prettamente al livello di mercato hanno una grande fortuna. Noi, come popolo, ogni 5-10 anni ci dimentichiamo di quello che è successo prima. Per tanti è bastato riproporre quello che stava succedendo oltreoceano già da anni; da noi, salvo rare eccezioni, non c’è troppa ricerca ed informazione. Tutti si sono fatti belli e fenomenali spacciandosi come novità, sperimentazione, suoni nuovi eccetera eccetera, invece manco per niente! A noi in quel periodo passavano per la testa idee, molte idee, una valanga di idee… ci eravamo “chiusi”, volevamo dare la “nostra versione”, come dicevamo sempre: fare “rap italiano” e non “rap in italiano”.»

Non possiamo esimerci dal chiederti un parere sia (per quanto possibile) oggettivo che soggettivo sulla “nuova” moda che dal 2010 è arrivata ovunque, uscendo dall’America dove era nata quasi vent’anni prima: la cosiddetta Trap e gli “stumenti” più celebri ad essa collegati, ovvero l’808 e l’autotune.
«Non mi sento di fare discorsi oggettivi sulla musica e sulla creatività, anche perché decadrebbe il concetto stesso di creatività. Soggettivamente penso che chi li denigra, minimizza e demonizza è scemo, chi li mitizza come messia di un nuovo modo di comunicare, è scemo anche lui. Come la risposta sopra, hanno il grande merito e privilegio di essere arrivati nel posto giusto al momento giusto. Io preferisco la trap americana a quella francese o latina (quella a cui fa riferimento la scena italiana), semplicemente perché ha tematiche, sonorità ed arrangiamenti più consoni al mio ascolto. Non ho mai fatto parte di quelli che dicevano “ai tempi miei”, oppure “viva la novità” a prescindere, non amo le aggregazioni di pensiero, ne ho viste svariate di “mode” in Italia , e basta conoscere un po’ la “moda” come concetto per capire un po’ tutto.»

E riferendoci prettamente alla realtà italiana, c’è qualche nuovo artista per cui simpatizzi e con cui magari vorresti collaborare?
«Non conosco praticamente nessuno personalmente. A me, a prescindere da quello che fai, piace sempre collaborare con gente nuova, mi interessa poco se mi piace il “tuo genere musicale”. Per me i gusti non fanno la persona, ma mi piace collaborare con persone a cui piace mettersi in discussione, quindi se sarà ne sarò felice! Pensa che la collaborazione con Rancore è nata perché mi fecero sentire un suo brano e mi dissero: “tu dovresti produrre lui”. La mia prima risposta fu: “…ma chi? questo? ma a me nun me piace pe niente”…»

Tra i tantissimi video freestyle di skratch, sul tuo canale negli ultimi mesi sono comparsi due nuovi brani in collaborazione con Meddaman e Shame. Medda non ha bisogno di introduzioni mentre Shame magari sì: è stata una scelta o un caso che tu abbia collaborato con uno dei massimi esponenti del freestyle? Questo perché innanzitutto anche tu nel tuo campo sei uno dei massimi esponenti del freestyle, e due perché la tua ultima esperienza con un freestyler di alto livello è datata al periodo con Rancore (o quantomeno personalmente lo credo un ottimo freestyler, e non sicuramente dopo che è andato in tv con MTV Spit).
«I video di scratch se non li faccio mi sento male! Ne ho chiuso uno prima di scrivere queste risposte 🙂 Medda è Medda, lo saluto, lui sa cosa penso di lui, abbiamo anche uno studio insieme a Milano – il @cravenstudiomilano, (ndr). Su rancore come freestyler credo non ci sia nulla da dire, illuminato. Shame è stata una piacevole scoperta, mi scrisse lui (sempre grazie ai social, che a volte se usati con una minima di zucca abbattono le barriere) e mi disse che gli sarebbe piaciuto scrivere su una mia produzione. Gli ho dato subito fiducia perché oltre credo ad aver fatto bene a livello artistico, mi è sembrato proprio un “bravo ragazzo”: umile, concentrato, concedetemi la banalità, ma è una cosa che oggigiorno non si trova affatto. Il freestyle è l’anima di chi fa il nostro mestiere, se non sai improvvisare cosa sai fare? Io non capisco, a volte alle persone sembra normale non saper “improvvisare”, andare liberi, come quando incontro qualche DJ che mi spiega perché non scratcha (????). Ed io: “Cosa? Ma scusa allora che DJ sei?” Un po’ come se Valentino avesse paura in curva.»

Singoli a parte, a quando un nuovo lavoro targato Dj Myke? Pensi che potrebbe spazio in futuro per un Hocus Pocus Pt.2?
«Ho diffuso la notizia giorni fa e sono stato stupito da quante interazioni mi sono arrivate. Ho capito che la gente è entusiasta ed è stata entusiasta di Hocus e degli album fatti con Rancore, e questo mi riempie di orgoglio. Non ho un Hocus Pocus 2 perché non credo di arrivare a 24 tracce, il mio intento è farne 10, come dico io. Sto lavorando già ad alcune idee interessanti, incrociamo le dita e speriamo bene. Sai, io ho sempre le due personalità – DJ Myke e Micionero – da tenere a bada. Grazie a tutti!»

Ripartendo dalla fine ringrazio tutti per l’attenzione e in particolare, ovviamente, Dj Myke per la disponibilità. Una persona squisita e come avrete potuto leggere molto competente, umile e comunque scherzoso.

Auguriamoci tutti che prenda piede il progetto di cui ha accennato nell’ultima risposta e che dire… That’s all folks!