CoCo: Acquario è la vittoria dell’autenticità

corrado coco acquario

CoCo ha fatto venire fuori Corrado.

La fortuna del 3 non è opera del diavolo. L’uno è la solitudine, il due la guerra e il 3 salva la capra e i cavoli”. Così scriveva Eugenio Montale nelle sue Poesie Disperse. Parlava di una fortuna di questo numero, come se fosse magico. In effetti il 3, più che una cifra, ha sempre rappresentato un simbolo, ricoprendo spesso un ruolo fondamentale all’interno di credenze, riti o religioni. Per la Cabala è la completezza, per il Cristianesimo racchiude, ovviamente, l’idea della trinità. In filosofia Hegel ha strutturato la sua dialettica su tre momenti: tesi, antitesi e la sintesi, che li negasse e allo stesso tempo comprendesse entrambi. Sono ambiti diversi tra loro, ma in tutti questi il numero 3 indica la perfezione, la piena realizzazione di qualcosa alla quale si arriva grazie alla compresenza di opposti che, in qualche modo, riescono a stare assieme. È la vetta più alta raggiungibile. Ma che c’entra tutto questo?

CoCo – al secolo Corrado Migliaro – il 24 maggio ha pubblicato Acquario, il suo terzo lavoro discografico dopo La vita giusta per me del 2016 e Quanto ci costa essere noi dell’anno successivo. Quei due progetti hanno segnato il percorso attraverso il quale CoCo è arrivato a questo disco.

In realtà questi non sono i suoi unici tre lavori, c’è un prima nella sua carriera, ma è da quando ha assunto questo nome d’arte che per Corrado è iniziata una nuova vita artistica. In quest’arco di tempo l’artista napoletano si è potuto affermare a livello nazionale. CoCo ha smesso di essere “l’amico di Luchè” – semmai qualcuno l’avesse semplicisticamente considerato solo così – ed ha creato un suo immaginario preciso, forte e malinconico, sempre elegante, attorno al quale è riuscito a catalizzare una comunità di fan magari non numericamente enorme, ma molto determinata e che ne ha capito la visione. La sua capacità è stata quella di mescolare rap e cantato – senza uscire dai confini dell’urban e diventare pop – abbinandoli a una scrittura personale, non stereotipata. Con queste premesse ci avvicinavamo all’uscita di Acquario, disco anticipato da tre singoli: Bugie diverse, Dietro front e Non ho più amici con il featuring di Gemitaiz.

L’album è il primo della carriera di Corrado uscito per Universal con Island Records, quindi, inevitabilmente, all’interno del suo percorso assume i contorni di una prima realizzazione, di un primo grande step raggiunto. C’è la consapevolezza di avere tra le mani un prodotto decisamente valido, pronto anche per un pubblico più ampio. Eppure, tutto questo, non si sente per niente.

Montale parlava di fortuna del 3, ma qui sembra esserci più una sorta di condanna di questo numero. Al terzo disco della sua carriera CoCo ci ha regalato il suo lavoro probabilmente – tolto qualche momento – più malinconico. A dare il sapore d’amaro che rimane appiccicato alla lingua dopo aver ascoltato il disco è che la tristezza, la disillusione e il malessere nascono dall’essere arrivati finalmente in alto. Corrado – il confine tra persona e artista è completamente cancellato – è in una fase idealmente perfetta della sua carriera, in una posizione privilegiata, ma proprio il suo stare più su gli permette di vedere meglio. È così che si rende conto di ciò che non va, delle falsità, di chi lo sfrutta. Solo stando in alto si può sentire la vertigine, che altro non è che la paura di non farcela e dover tornare in basso, nonostante le proprie capacità. In alto si sente la solitudine, che dalle quattordici tracce del disco viene fuori come la minaccia più grande.

Questa sensazione, questa malinconia latente, la si avverte già dai primi pezzi del disco.

“Odio quando dicono che merito di più, come se ciò che faccio non sia mai abbastanza, come se quello che ottengo poi valga di più, fra quello che ho da darvi non abbia importanza. Vorrei mi dicessero che spacco per quello che faccio, non per la mia faccia, tantomeno la mia giacca.”

Così si apre la seconda strofa di Vorrei, uno dei pezzi che più esprimono questa insoddisfazione del proprio successo. CoCo è convinto di ciò che sta facendo, non l’ha mai messo in dubbio, ha delle certezze artistiche invidiabili e inamovibili, perché costruite negli anni, rafforzate con l’esperienza. E sono quelle le colonne alle quali si aggrappa quando invece c’è tutto il resto a scuoterlo: gli altri che mettono in dubbio le sue capacità, il suo percorso, le sue mosse. Corrado, o CoCo – cambia poco – non ne può più di chi non guarda neanche il dito, ma gli anelli che lo abbelliscono, quando lui indica la luna.

CoCo

A questo proposito arriva proprio Nice 2 Meet U, la traccia subito dopo Vorrei. È come se nelle prime battute del disco CoCo si fosse voluto togliere questo peso; come se, prima di sentirsi libero di fare la propria musica, avesse dovuto cacciare via le scorie negative. E così, il fastidio per gli altri che non capiscono gli sforzi fatti è scandito chiaramente.

“Prova a non guardare solo quello che ho, bro, vedi, non vale metà di quello che do, bro.”

Acquario, però, più che un disco è un percorso. A venirne fuori è l’immagine dell’universo CoCo, certo, ma non come una fotografia, statica, ferma. Dà più l’idea di una serie di diapositive che scorrono; le immagini mutano e così fanno i soggetti al loro interno, elementi tra loro opposti compaiono e scompaiono in un equilibrio dinamico. Ogni percorso ha un suo arrivo e quello di Acquario è assolutamente significativo.

Abbiamo detto che i primi pezzi di Acquario sono quelli che più rappresentano l’insoddisfazione e il malessere di Corrado. A un certo punto, però, i toni mutano, la malinconia a lungo rimane, ma qualcosa cambia. Prima viene sostituita dalla sfacciataggine di Carillon, poi lascia il posto ai due pezzi più “positivi” del disco che, non casualmente, sono anche gli ultimi della tracklist. Sebastian e Mio ci consegnano, infatti, un CoCo sereno.

Nel primo dei due trae la sua gioia da un bambino (un figlio?) che ha fatto irruzione nella sua vita cambiandone le prospettive. Nel secondo, che chiude l’album, la consapevolezza dell’artista napoletano alla quale facevamo riferimento prima viene tutta fuori, con orgoglio. Il pezzo è una dichiarazione d’intenti: sono messi nero su bianco i suoi nemici (artisticamente parlando), i suoi principi, i suoi obiettivi e i sacrifici fatti per raggiungerli.

CoCo

Ci troviamo tra le mani, così, un album autentico, a volte anche in maniera dolorosa, che ci fa inevitabilmente provare empatia per l’artista che si apre a noi. Musicalmente abbiamo un r’n’b moderno, internazionale, come in Italia non si vede spesso, e curato seguendo un filo logico. CoCo, da parte sua, sembra essere ora al posto che gli compete, o quantomeno in una posizione che gli permette di muoversi nella maniera che preferisce.

Acquario, come detto, è il suo terzo lavoro discografico, gli dà certezze, una base da cui partire con consapevolezze date anche dalle delusioni. Da Napoli, ma aprendosi a tutta l’Italia, ora CoCo può dirlo: Ricomincio da tre.