Recensione di 202, il nuovo album di White Boy

White Boy

Next step di White Boy: il nuovo disco raddoppia la carica dei 101 e prende il nome di 202.

White boy, il giovane rapper della capitale facente parte del collettivo Do Your Thang, ha rilasciato il suo nuovo album dal titolo 202. Dopo una serie di singoli e dopo Nato puro del 2017, questo si presenta come il primo vero lavoro di caratura nazionale, visto che il romano ha già mostrato ottime skills in passato.

Il disco è composto da tredici tracce, con i featuring di tre componenti della sua stessa crew, William PascalPacman XII, Penny Wise. Le produzioni sono molto diversificate ed affidate allo storico compare Alan Beez, a Rubber Soul, ad Eddy Depha, a YDFWN e niente di meno che a Squarta.

 

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Il ritmo di 202 di White Boy è sempre sostenuto, con una prima parte che ha un picco non indifferente in Bad Meets Evil. Con Trash Talk invece inizia una zona dell’album molto corposa che si ispira molto agli anni passati. Il flow subisce una piccola scossa e la scelta dei ritornelli appare abbastanza particolare.

Eccezion fatta per Outsider che è probabilmente l’underdog di tutto l’album:

“Resto arrogante dal primo verso che ho inciso,
La m*rda che tiro a pacchi vi resta intrisa nel viso,
Vi soffio come i coriandoli a ogni barra che scrivo,
Tu a ogni pezzo sei più finto degli alibi di Schettino”

L’interludio di metà album si rifà invece ad Eminem, senza generare particolari cambiamenti. Inizia così l’ultima sezione dell’album, caratterizzata dai featuring e focalizzata sull’introspezione.

Abbiamo già parlato di No Buono mentre merita un capitolo a parte Solo:

“Mentre scorro pagine verso l’alto,
Trovo le parole per quel messaggio,
Pare che il tempo non passi quando poi,
La solita frase: mi manchi tanto”

A mio avviso questo è il pezzo più riuscito dell’album, con una collaborazione molto azzeccata. La canzone si avvicina per mood e sonorità a Lunedì di Salmo, ricordando anche le collaborazioni di J.Ax con i The Style (e Dj Fabio D) per come è stato utilizzato lo strumento a corda nella base e per la volontà di introdurre una voce sporca nel ritornello, capace di scalfire ogni ascoltatore.

Si conclude con Outro, molto più stile Gangstarr e lineare, che scivola via e lascia un piacevole retrogusto:

“Ho fatto quello che dovevo non so se necessario,
Ho messo tutto per davvero nel piatto, per ciò che amo,
Per quanto che ci lottavo, per calcolo o per riparo,
Rimango in piedi fin quando sapranno chi siamo”

Una scelta molto particolare ricade sulla lunghezza dell’album: solamente trentacinque minuti. Su tredici tracce infatti solamente quattro superano i tre minuti. Che sia una scelta dettata dal mercato e dalla sempre decrescente capacità di mantenere l’attenzione dei giovanissimi ascoltatori?

202 è comunque indubbiamente ben fatto, con un sacco di spunti interessanti che andrebbero approfonditi maggiormente, sia a livello di produzione che di macroargomenti. White Boy è ormai stabilmente ai vertici della scena della capitale con una “sana cattiveria” che non è mai mancata, ma a mio personale parere avrebbe bisogno di un lavoro di rifinitura dei testi per far si che la sua musica diventi a tutti gli effetti di dominio nazionale, limando qualche aspetto della sua produzione letteraria.

Il 2018 è stato un anno molto prolifico per l’Hip-Hop italiano in generale e anche per la  DYT, speriamo caldamente che lo stesso avvenga nell’anno a venire!