Young Bettino Story di Gionni Gioielli: un disco curato, originale e diverso

young bettino story

Le cronache da Hammamet di Gionni Gioielli

Avete presente il rap patinato e glamour da classifica? Quello per cui vi sentite un po’ Sinatra, mentre in serata col trap phone chiamate il vostro spaccino? Con un linguaggio in codice che sembra dobbiate spostare due tonnellate di cocaina, ma in realtà gli state chiedendo dieci euro di erba? Ecco dimenticatelo. Dimenticate i borselli, le scarpe, i booster, la Tesla, le rockstar e i giovani fuoriclasse. Young Bettino Story di Gionni Gioielli vuole riportare tutti con i piedi per terra, e  per compiere al meglio la sua funzione ha creato disco con pochi fronzoli, scarsa cura dell’immagine e tantissima sostanza. Andando per gradi.

Il concept: una delle cose più interessanti e ironiche uscite negli ultimi anni. L’idea di riprendere in mano le cronache del periodo mani pulite/fine prima repubblica è una mossa geniale. In questo modo l’autore indirizza la narrazione del disco sui binari a lui più graditi, creando un filtro narrativo. Inoltre, attraverso l’uso sistematico di estratti audio di documentari del tempo, si creano ponti di collegamento tra il passato e il presente. I titoli stessi delle canzoni sono pensati per seguire questo concept: Moana Pozzi, Umberto Smaila, Antonio di Pietro, Craxi Era, Hammamet. Nomi che rimandano ad un periodo storico preciso. Questo espediente narrativo, consente una narrazione che viaggia su binari paralleli tra gli anni Novanta e ora, due momenti storici che sembrano distanti anni luce ma che a ben vedere sono molto vicini.

“Quindi prego Dio, sperando che m’ascolti
Ti diamo l’influencer, ci rimandi Moana Pozzi
Ti diamo la Ferragni manda Moana Pozzi
Ti diamo Chiara Nasti dacci Moana Pozzi
Tieniti Chiara Blasi dacci Moana Pozzi
Tieniti le Suicide e dacci Moana Pozzi”

Su un concept di questo tipo, Gionni Gioielli applica un rappato classico, essenziale, produzioni ben curate e barre dritte. Suona molto grezzo ma decisamente ben fatto.

Guardando al rap come un genere musicale dove la competizione è elemento essenziale, Gioielli prende decisamente posizione nell’eterna lotta tra il fake e il real. A lui non interessano le classifiche, la trap, le copertine glamour etc. il rap che gli piace è uno e si fa in un modo solo: barre e sample (da sottolineare come le produzioni siano tutte sue, one man band). La formula è una, e da tale non si esce. Non esistono divagazioni, ritornelli cantati con l’autotune, melodie e strane distorsioni per strizzare l’occhio ai giovanissimi. Young Bettino Story è un disco rap. Punto.

I featuring vanno di pari passo: Nex Cassel, Egreen, Loop Luna, Blo/B, Lil’ Pin, Nigga Dium e Gionni Grano. Nomi che per il pubblico generalista vogliono dire poco, ma per gli amanti di un certo modo di far rap hanno un peso notevole. Da sottolineare in particolare la strofa di Loop Luna che ricorda a tutti, che il rap femminile può anche dire qualcosa di diverso da “sembra di stare a Cuba”.

Un ottimo ritorno per Gioielli che fornisce agli ascoltatori un disco vero. Young Bettino Story non sarà di certo un album che girerà molto, ne di cui si parlerà su tutti i media di settore, troppo sporco e crudo per essere servibile all’esercito dei dodicenni che comprano ora il rap. È evidentemente rivolto ad un pubblico “di nicchia”, per essere apprezzato da coloro che amano il rap fatto nel modo più classico. E tuttavia proprio perché difficilmente girerà tra i canali ufficiali, in questo caso dovrà essere proprio il pubblico a supportarlo, comprando le copie e andando ai live. Gionni Gioielli la sua parte l’ha fatta, regalando al pubblico un disco curato, originale e diverso da molti dei piagnistei che escono in questo momento. Ora sta ai fan dell’hip hop premiare questo lavoro o decidere che infondo i piagnistei gli vanno anche bene.