“Crepa RMX” di Claver Gold: analisi di un sentimento

Crepa RMX di Claver Gold

Tramite “Crepa RMX” di Claver Gold, brano contenuto in “Melograno”, proviamo a spiegare quanto lui sia importante per il rap italiano.

Cosa pensiamo quando citiamo l’Hip-Hop – o meglio – quando lo ascoltiamo? Potremmo stare qui a parlare di aggregazione, di storia  o di consapevolezza. Spesso invece il sentimento viene accostato in modo solo superficiale a questa cultura, a volte perché lo diamo per scontato o – più semplicemente – perché ultimamente anche questo sembra essersi omologato tra canzoni tutte uguali, versi scontati e ritornelli piatti. Spesso accostiamo erroneamente il sentimento alle canzoni da dedicare alla tipa o ad una manciata di barre che magari contengono frasi fatte nelle quali poterci identificare. In realtà la natura dell’hip-hop ha un rapporto simbiotico con il sentimento, che possiamo semplificare in quanto necessità di esprimersi “torturando i fogli fino a che non parlano”, come diceva Primo in “21 Tyson”.

Negli ultimi anni Claver Gold ha visto crescere la sua popolarità in modo esponenziale, con una cifra di gente presente ai concerti ed album che diventano in breve tempo essenziali per gli stessi fan. Ma cosa ha causato tutta questa energia positiva? Nient’altro che delle parole scritte in un foglio, che poi sono diventate materia per dei testi sopraffini e magari sono andate a finire persino sulla pelle degli ascoltatori, impresse in modo eterno. Claver è un personaggio raro ed autentico, capace di portare con sé un bagaglio di esperienze importante che non ha mai provato a nascondere, bensì a vivere e condividere, con la musica prima e con chi aveva voglia di ascoltare le sue storie poi. Ma quanto è difficile trasformare un sentimento in una canzone?

Claver Gold

Melograno” è il suo album a cui siamo più affezionati. Se lo ascoltate, almeno una volta vi sarò capitato di ritrovarvi nelle sue storie. “Crepa Rmx” – la cui versione originale è contenuta in “Masters of kintsugi” del duo Kintsugi – è tra i brani più intensi contenuti al suo interno e riesce a darci una risposta sul quesito posto in precedenza. Tramite questo brano Claver riesce ad elaborare un preciso momento della sua vita, trasponendolo in “rythm and poetry” senza alcun tipo di filtro, raccontandoci tramite i versi nostalgie, sogni, sofferenze e ricordi.

“Crepa Rmx” di Claver Gold gioca sul duplice significato della parola, la quale può intendere una frattura evidente o una violenta accusa.  Il tappeto strumentale di Kintsugi evoca quindi un’atmosfera malinconica nella quale Claver si destreggia con sapienza,  mostrando agli ascoltatori una scrittura limpida, in grado di definire nei minimi dettagli quelli che sembrano ricordi influenzati dalle emozioni:

Ora ti immagino ballare a piedi nudi sul deserto,
col vestito aperto ed il capo scoperto…”

Ma di chi parla Claver nei versi iniziali? Accennavamo poco fa di come sia sbagliato credere che parlare di un sentimento voglia dire necessariamente parlare d’amore. Claver nel brano introduce la sua vita personale, così come potrebbe riferirsi alle dipendenze con le quali ha avuto a che fare in prima persona, come testimoniano i versi successivi. Ma anche la figura femminile sappiamo avere un ruolo importante nella costruzione delle sue storie e dei suoi versi.

A tal proposito, il gioco per immagini che costruisce al termine della prima strofa rievoca un istinto emotivo di una purezza disarmante, citando inoltre AL in un contesto dove sembra difficile poterlo inserire. Ma l’Hip-Hop è un sentimento che scorre sempre vivo dentro Claver, il quale a sua volta se ne serve per dare forma alle sue emozioni:

“Toglimi la pelle in una notte senza stelle
E se le nostre vite non eran gemelle spegniamo anche quelle
Nelle rive dove le lampare sembrano gazzelle
Che tagliano il mare come vecchie pagine di Aelle

La sensazione che “Crepa RMX” di Claver Gold suggerisce è simile a quella che proviamo un po’ tutti in quel breve intertempo che intercorre tra gli ultimi giorni d’estate ed i primi giorni di settembre. Una nostalgia indefinita di giorni che sfuggono più velocemente degli altri, lasciando al nostro interno sempre qualche scia. Lo sa Claver, le cui esperienze lo hanno portato ad esser diffidente nei confronti delle sue stesse emozioni, contro cui ha provato a costruire una corazza che – però – a volte viene scalfita da una melodia o da una voce in grado di penetrarla.

“Poi torna in onda la tua voce che mi manda via
Sembra una bugia, cambio aria e assaggio nostalgia
Paesaggio triste a maggio, scosto via la tenda
Il cielo pende, Garisenda, la faccenda accentua l’apatia”

Ed è a fine strofa che il sentimento si materializza in tutte le sue forme. Da sottolineare la sensibilità con la quale Claver racconta la sua apertura emotiva nei confronti di quella voce della quale ha bisogno, che però il tempo e le paure riescono ad inghiottire nel loro buio. Un buio costruito dalla sofferenza che la stessa vita gli ha causato. Qui, vi è l’accezione alle “spade” che contrasta in modo netto con la similitudine utilizzata in precedenza riferendosi – forse – al film danese “Himmelskibet”, con protagonista un’astronauta danese. Senza dubbio il momento più intenso dell’intero brano.

“La voce tua che ride quando dico Claver
Poi riatterri sulle strade in astronave come a Copenaghen
Se dico spade io non parlo mai di carte madre
Questo mondo che c’ha messo contro ha già fatto le squadre

Oggi sembra quasi che si abbia paura di dare una voce in capitolo al rap per ciò che riguarda i testi impegnati. Testi che potrebbero far tranquillamente breccia nella quotidianità dell’italiano medio troppo spesso abituato alle mediocrità delle radio o ai fenomeni del momento con i quali identifica un movimento gigante ed importante come quello dell’Hip-Hop. Perché se Claver ha vinto un premio importante per la scrittura nel luogo dei cantautori ed in cui è nato Fabrizio De Andrè significa che qualcosa di speciale in fondo la sua musica ce l’ha. Per ricordarci che l’Hip-Hop – anche in Italia – non è soltanto numeri ma molto di più.

Grafica di copertina di Matteo Da Fermo.
Immagine nell’articolo di Manuèl Di Pasquale.