Recensione di “Notti Brave”, l’album da solista di Carl Brave

carlbrave

Carl Brave è ancora quello di “Polaroid”.

Il 2017 è stato l’anno di Carl Brave & Franco126. Il loro disco d’esordio “Polaroid”, può essere considerato l’anello di congiunzione tra la nuova scena pop italiana e il rap. Una dimensione che ha garantito loro lodi da parte della critica, e un successo gigantesco da parte del pubblico. Date queste premesse, si può facilmente comprendere il motivo per il quale “Notti Brave” di Carl Brave fosse circondato da così tanto hype.

Quattordici tracce, cinquanta minuti di ascolto circa e svariati featuring. Le collaborazioni sono lo specchio fedele della particolare collocazione che i ragazzi di Roma hanno nella scena musicale italiana, con un piede da una parte e con uno dall’altra. Di conseguenza sono presenti nell’album nomi provenienti da mondi diversi, da Francesca Michelin a Gemitaiz, da Giorgio Poi ad Emis Killa, passando per i big della scena rap come Fabri Fibra, ma anche cantanti come B e Federica Abbate, insieme a nomi più vicini all’immaginario del rapper come Ugo BorghettiPretty Solero e Franco126, ma anche Coez e Frah Quintale.

Una tale quantità di talento a disposizione può portare ad avere un lavoro ricco di variazioni e cambi di ritmo. In questo caso tutto ciò non accade, si assiste piuttosto ad una fossilizzazione su schemi già definiti e sentiti in “Polaroid”. Sembra che gli artisti coinvolti si siano o snaturati per adattarsi al progetto (Emis Killa il caso più evidente), oppure abbiano cercato una confort zone dove adagiarsi senza uscire dal seminato (è il caso di Francesca Michelin, Federica Abbate e Coez). I featuring migliori sono quelli che modificano l’andamento del disco, su tutti la strofa di Ugo Borghetti in “Scusa” che diventa una ventata d’aria fresca per l’ascoltatore.

Se da una parte il jolly delle collaborazioni risulta usato solo parzialmente bene, dall’altro i momenti più alti del disco – quelli nei quali il lavoro prende quota – sono i momenti solisti di Carl Brave. In queste tracce il livello della scrittura si fa più complesso, la ricerca sonora più varia e gli argomenti più personali; in definitiva diventa tutto più interessante.

Esempi lampanti di tutto ciò sono “Noi“, “Pianto Noisy” e “Accuccia”, canzoni nelle quali il livello si impenna e che restituiscono all’ascoltatore un’immagine più tridimensionale dell’autore.

Carl Brave all’esordio da solista mostra solo in parte il potenziale creativo che sembra possedere, stanziandosi su terreni sicuri e sulla sua scrittura per immagini. Luci e ombre si alternano in maniera quasi equivalente all’interno del disco, che manca di coraggio da parte dell’artista nel cercare una strada che sia autonoma, rispetto a quanto già mostrato nel precedente progetto. “Notti Brave” è un lavoro in cui forse l’autore si è più preoccupato di consolidare la propria posizione all’interno della scena musicale italiana, piuttosto che esplorare territori nuovi.