J. Cole x Vulture – L’intervista (dopo tre anni di silenzio)

J Cole

Dopo ben tre anni di silenzio stampa, J. Cole è tornato a parlare della sua vita e della sua musica.

J. Cole è uno di quegli artisti cui va l’importante merito di aver messo al primo posto, nella sua arte, il potere della parola e tutto ciò che ne consegue. Un artista che, sin dai suoi primi lavori, ha in modo più o meno esplicito, dichiarato un senso di appartenenza irreversibile a quel che sono la cultura Hip-Hop e le sue più profonde radici. Motivo per cui la sua produzione artistica ne è sempre stata influenzata, dalle strumentali agli argomenti, dal flow al wordplay. Col tempo, Cole è divenuto così un artista a sé stante, con una propria identità e una fan base ben identificata, spesso distante da quella canonica del genere.

KOD” è il suo ultimo progetto, uscito nella sorpresa generale, che lo vede sì continuare nella strada dell’impegno etico e sociale, ma allo stesso tempo lo vede più disinvolto, più aperto verso le influenze musicali e non solo. Il progetto è stato annunciato in modo singolare, con un concerto improvvisato in quel di New York totalmente gratuito, nel quale non sono stati ammessi telefoni, telecamere, borse, liste d’ingresso della stampa né ospiti speciali.

Il disco, nonostante la critica di addetti ai lavori e di ascoltatori, è molto importante per questo preciso momento storico dell’Hip-Hop in America. Non avrà vissuto del clamore che “DAMN”del collega Kendrick Lamar ha suscitato un anno fa, ma sappiamo bene che l’hype ed il marketing possono esser messi tranquillamente da parte quando si tratta di “Rhytm And Poetry”. Come in questo caso.

A tal proposito, abbiamo deciso di proporvi l’intervista che Vulture ha realizzato all’artista di “2014 Forest Hills Drive”. Dopo tre anni di silenzio stampa è l’ora di vedere cosa passa per la mente di J.Cole.

J. Cole Vulture

Siamo nel parcheggio del Sportmen’s Lodge, un “modesto” set cinematografico che ha visto ospitare gente del calibro di Humprey Bogart, Kathrine Hepburn e John Wayne. J.Cole è seduto nei sedili posteriori della sua Bentley Bentayga che gli costa 700$ al giorno, affittata per la sua permanenza a Los Angeles di circa due mesi. Cole è milionario dal 2010 ed ha sempre odiato spendere il denaro (si rifiuta di pagare 15 dollari per avere il Wi-Fi negli hotel più costosi) ma questa auto, così come il jet che a volte usa, sono cose che può permettersi.

Mi sento tipo.. Ma sì, fanculo” dice Cole, muovendo la testa. “Tutto questo mi fa dire: al diavolo. Questo è un fottuto periodo in cui mi sento in questo modo.”

Entro in auto e mi chiede dove vogliamo dirigerci. “Sei mai stato nella foresta?” propongo io.  Lui sembra confuso, come a dire: “C’è una foresta qui?”. L’Angeles National Forest si trova a circa 20-30 minuti di auto, spiego, verso le montagne. Da lì puoi vedere tutta la città.

Imposta il GPS ed inizia a guidare. Cole non concede un’intervista da tre anni, dall’uscita di “2014 Forest Hills Drive”, disco che lo ha consacrato definitivamente. “Nessuno è veramente interessato a qualcuno, questo è il problema” dice, “È come se chiedessimo a tutti: stai bene? Sei sicuro di stare bene? Ok, fantastico. Tutti stanno così fottutamente bene. Ed invece non c’è un c*zzo che va bene”.

Questo è uno dei temi del nuovo album di Cole, “KOD”, il cui nome rievoca il dolore che vivono le persone quando si rifugiano nelle droghe, nell’alcol, nei soldi, nel sesso, nei social e via dicendo. La via di fuga migliore per Cole è il suo lavoro. Durante il mese di marzo, in cui ci siamo incontrati, stava girando i video di “ATM” e “Kevin’s Heart”, che gli sono costati più di mezzo milione di dollari, rendendoli i più costosi della sua intera carriera.

È cambiato molto negli ultimi due anni per Cole. In particolar modo dopo aver rilasciato il suo quarto album, “4 Yourz Eyez Only”, una narrazione shakespeariana della black life in America. “Il clamore dei fan e della critica è stato molto ma dietro tutto questo c’era una grave mancanza.” afferma Cole stesso.

Non ero dell’umore giusto per promuovere quell’album” dice. Di recente Cole si è sposato con la sua fidanzata storica (che preferisce rimanere anonima), hanno avuto un bambino insieme ed ha deciso di allontanarsi dalle luci dei riflettori per dedicarsi interamente a tutto ciò che lo fa stare bene: la famiglia, la meditazione ed il basket. Il producer NO I.D. è stato l’unico a chiamarlo quando 4YEO è stato rilasciato per chiedergli come si sentisse. Lui ha riposto che si stava bene, che era a casa sua impegnato a montare la culla del futuro bebè. “No, no” ha detto I.D. “mi riferisco all’album”. “Oh sì..” ha detto Cole, “.. Ho semplicemente fatto uscire un album”. Quindi, il disco ha raggiunto il platino ad aprile, ha guadagnato quaranta milioni di dollari grazie al tour e l’intera campagna promozionale è stata fatta tramite un tweet. “Ci vuole un gran coraggio” dice Cole ridendo. “Cosa c*zzo ho combinato?”.

Siamo arrivati sulle montagne desolate con un gran vento, io nauseato sul lato passeggero, lui che cerca disperatamente di non finire fuori strada. Un paio di anni fa Cole viveva a Los Angeles. Aveva una casa nel Runyon Canyon, dietro la quale c’era un sentiero che percorreva spesso con gli amici. Gira la sua testa indietro e vede la strada percorsa, a circa centomila piedi di altezza. “M*rda, come potrei scalare una montagna simile?”. Scende quindi dall’auto con i suoi sandali neri, prende un paio di Air Jordan rosse dall’auto e le indossa. Cole ha una maglietta ed una tuta tirata su sino alle ginocchia. Quindi prende una felpa nera della Interscope Records e se la infila: “C’è un fottuto freddo qui sopra”.

Attraversa la strada ed inizia ad arrampicarsi, convinto ma cauto. Ogni tanto, si gira verso di me, e vede quanta strada ha percorso. Quindi decide di tornare indietro e, mentre mi chiedo se ce la farà, penso che se cadesse mi sentirei responsabile dell’accaduto. La carriera di J. Cole potrebbe terminare proprio qui, in questo posto dimenticato.

Finalmente a terra, indenne, mi dice: “Mia moglie mi ammazzerebbe se mi vedesse ora”, pulendosi i pantaloni.  “Ci scherziamo sempre su, questo è il mio white side. Scalare le montagne e vivere la natura. Un po’ di c*zzate da persone bianche non guastano mai. Ho il 50% di questa m*rda dentro di me”.

Torniamo quindi alla macchina, con la polvere sotto le sue scarpe. “Guarda, non c’è nessuno” mi dice puntando la strada,  quindi si ferma a contemplare le montagne ambrate del Canyon. Intanto il sole stava per tramontare. “È bellissimo” mi dice. Gli ricorda le Alpi svizzere, che ha visitato insieme alla sua crew durante il tour di Forest Hills Drive, sballati di brutto. Il giorno dopo ha deciso di tornarci da solo, sobrio e disintossicato. A più di settemila piedi di altezza ha avuto come un’illuminazione.

Puoi vedere dei panorami mozzafiato, montagne infinite e capire da solo quanta bellezza ci sia al mondo” dice, “e pensare come sia assurdo che tutto questo sia stato creato per mano di qualcuno. È come se tutto questo fosse sbucato fuori dal nulla… E’ tutto nelle mani di Dio. Vedendo tutto questo mi colpisce la presunzione dell’uomo che prova ad essere Dio. Perché ogni cosa che l’uomo proverà a fare non sarà mai immensa quanto quello che Dio ha fatto. Ed io mi sento tipo:Ehi amico, sei serio?, ammira queste montagne, non potrai mai riuscire ad eguagliare una bellezza simile”.

Se Cole sembra sincero e perché lo è. E sa bene che tu pensi magari che sia annoiato, e che i SoundCloud Rapper lo dissano ogni secondo, e che Kendrick e Drake vengono citati sempre prima di lui nelle conversazioni sui grandi rapper. Una volta, forse, gliene importava.

Ma lui sa bene anche che il suo nuovo album, “KOD”, ha raggiunto la posizione n.1 in America, è destinato ad essere una delle migliori produzioni dell’anno, e, cosa più importante, ha avuto un forte impatto sugli ascoltatori.

Ora è tutto chiaro”, dice Cole riguardo le critiche, “Siete dei fottuti idioti”.

Quando “K.O.D” è stato rilasciato lo scorso venerdì , il 4/20, ha distrutto contemporaneamente i record di streaming su Spotify e Apple Music raggiungendo i 36,7 milioni di ascolti sul primo ed i 64,5 sul secondo, andando oltre i traguardi raggiunti da Taylor Swift con la sua “Look What You Made Me Do”. Nel mondo reale invece, il disco è stato un fulmine a ciel sereno. Cole non è riuscito a trovare una copia del disco da nessuna parte: “Sono andate sold out”.  Persino in una piccola comunità come quella di Raleigh, in North Carolina. “È la prima volta che non riesco a comprare qualcosa come quaranta copie della mia stessa musica”.

Cole non è molto attivo su Instagram, che è stato costretto a scaricare giovedì notte per dare informazioni sull’album. Non appena attivato, il suo DMs è stato letteralmente inondato da messaggi personali sulla dipendenza, con un mare di gente che ha promesso di cambiare da quel momento in poi.

Viviamo in una società in cui l’uso di droghe è divenuto una prassi, è normale, è incoraggiato, è promosso” dice, “Accendi la Tv e lei: ti senti depresso? È normale che mi senta depresso, sono un fottuto essere umano. Prova questo, di qualsiasi cosa si tratti. Invece, perché non sentirti effettivamente triste e provare a scoprire cosa c*zzo è che ti rende così in modo da lavorarci su?”

Le opinioni sull’album sono tante. Il The Guardian lo elogia, Pitchfork lo ha stroncato e tutte le vecchie diatribe riguardo la sua musica sono tornate a galla. Sui social, gli ascoltatori sono stati impegnati a discutere riguardo a cosa, o meglio a chi, si rivolgesse l’album. Se le finalità del disco sono state incentrate sul tema della droga, più genericamente, molti altri sono i punti di vista con i quali esaminarlo. Cole è un cultore del rap, tramite il quale vuol puntare il dito contro i cosiddetti SoundCloud Rappers come Smokepurpp e Lil Pump, i quali sono noti per incoraggiare l’uso e l’abuso di droghe.  Gli indizi sono molti. L’anno scorso è stata infatti rilasciata una diss-track nella quale Lil Pump insultava Cole e non appena è uscito “KOD”, Smokepurrp non ha perso l’occasione di mandarlo al diavolo durante un suo live ad Atlanta. Infine, la traccia conclusiva di “The Fall-Off”, vede Cole descrivere questa nuova generazione con parole non troppo benevole.

È una situazione che cade proprio a pennello, nella quale molta gente può immedesimarsi”, dice Cole criticamente, “perché dovresti insultarmi al tuo concerto? Devi sentirti attaccato in qualche modo, oppure offeso. E se ti senti offeso significa che un fondo di verità c’è, che qualcosa ha sfiorato le tue corde. Questo è molto interessante per me, è ciò che volevo”.

Per Cole invece il target del disco è molto generico. Il suo obiettivo era quello di presentare se stesso un po’ come la versione cartoon dell’Hip-Hop. “Se escludiamo i tre rapper più forti della scena, tutti gli altri sono soltanto una versione esagerata dello stereotipo black” dice, “Completamente tatuati, con i capelli colorati, appariscenti e presuntuosi. È tutta una caricatura, ed ancora rappresenta lo stereotipo dominante della gente di colore, nel contesto più popolare che appartiene alla black people” (quello dell’Hip-Hop, ndr).

Motivo per cui Cole sta prestando molta attenzione alle nuove generazioni di quanto non abbia fatto negli anni passati. Ha ormai accettato la presenza dei Lil Uzi e Lil Yachty del momento (che Cole ha dissato nella traccia “Everybody Dies”), ha scoperto il nuovo e controverso protagonista dell’Hip-Hop, XXXTentacion, insieme a Trippie Redd, ed ha rivelato che il pezzo “All of a Sudden” di Lil Baby è improvvisamente rimasto intrappolato nella sua testa per un paio di giorni: “Mi trovo in un momento in cui posso sentire qualcuno e gasarmi, come per dire: questo ragazzo spacca” dice Cole, “mentre prima pensavo che tutto fosse spazzatura”.

Per una tragica coincidenza, Lil Peep, la cui musica stava divenendo sempre più popolare, è morto per un overdose di farmaci proprio durante la lavorazione di “KOD”: “L’album è già un avvertimento nella sua essenza” dice Cole “e questo ragazzo muore proprio mentre sono in studio a mixare questa m*rda. Capisci quanto è stato difficile? Una situazione davvero pesante“.

All’apparenza, un album sul dolore e sulla dipendenza da parte di J. Cole può sembrare un po’ insolito. Non è forse – come le aspre critiche suggeriscono –  un altro “figlio di papà” benestante ed istruito che ha la pretesa di essere profondo?

Cole è molto più vicino alla dipendenza di quanto si possa pensare. È cresciuto a Fayetteville, in North Carolina, sotto le attenzioni della madre, Kay Cole, una portalettere. Kay iniziò a fare uso di alcool e droghe dopo l’abbandono da parte del padre adottivo di Jermaine, Edward, nel 2003 (Edward è l’unico ospite del disco, l’alter-ego dell’artista, ispirato proprio a lui). Adesso Kay è sobria e ripulita ma Cole è ancora cauto quando si parla di lei nelle interviste. Le ferite sono profonde ed ha paura che il suo passato possa riemergere per tornare a farle del male.

Questo non significa però che non la citi nelle sue canzoni. In uno dei momenti più intimi di “K.O.D.” Cole rappa:

“Hate how she slurrin’ her words
Soundin’ so fuckin’ absurd
This ain’t the woman I know, why I just sit and observe?
Why don’t I say how I feel?
When I do, she’s defensive for real
Well maybe things get better with time, I heard it heals
Little did I know how deep her sadness would go
Lookin’ back, I wish I woulda did more instead of runnin’

Se per lui è imbarazzante parlarne? Certo” mi dice Kay, “Ma Jermaine ha ricevuto un dono. È talentuoso, intelligente, un lavoratore instancabile, che persevera. Ha avuto anche il dono della compassione. E della pazienza. E dell’amore incondizionato”.

Ci sono molte altre dipendenze in “KOD”.  Quella dei soldi in “ATM”, quella dei social in “Photograph”, quella del sesso in “Kevin’s Heart”. In confidenza, Cole mi ha rivelato che quando è entrato nel giro della musica aveva una particolare inclinazione nel bere ogni volta che poteva, spesso ubriacandosi. (“Non sono mai stato però un alcolizzato. Potrei così offendere chi lo è davvero” tiene a precisare).  Ma la sua più grande dipendenza è probabilmente l’approvazione degli altri. Nel 2009, Jay-Z  lo aveva contattato per entrare a far parte della sua nascente label, la Roc Nation – che già faceva presagire grandi cose – nominandolo come suo erede. Ma ciò avvenne due anni prima dell’uscita del suo primo album e soprattutto soltanto dopo l’exploit nelle radio della sua “Work Out.”

Nel suo secondo album, “Born Sinner”, ha dedicato molto tempo nella scrittura, miscelando canzoni da radio ( come “Croocked Smile” e “Power Trip”) ad altre più personali (come “Runaways” e “She Knows”)

Ciò era dovuto in parte alla pressioni delle labels, ed in parte dalle pressioni che viveva sulla propria pelle. È stato costretto a fare delle cose che andassero bene per entrambi.  Ma Cole è cresciuto ascoltando Tupac, Nas, Eminem e Jay-Z.  Il suo obiettivo è sempre stato quello di essere considerato una leggenda. Quando Nas ha confidato ad I.D. il suo disappunto sul fatto che Cole facesse musica per le radio, quest’ultimo ha scritto “Let Nas Down.”

Il brano in parte idolatra ed in parte spiega, rimanendo fedele alla mentalità di Cole in quel tempo: la sua soddisfazione personale era strettamente legata all’approvazione degli altri. I magazine gli dicevano che la sua musica fosse troppo noiosa per finire nelle loro cover. Un intervistatore invece si è documentato su chi fosse cinque minuti prima dell’intervista: “Nel 2012 ero inc*zzato, mi sentivo offeso, mi sentivo una vittima” dice Cole, “Appena sono diventato consapevole di ciò che facevo non ho più permesso a nessuno di avere del potere sui miei successi e sulla mia felicità. Sono diventato tipo: adesso vi farò vedere quanto sono noioso. Quindi sono diventato un’altra persona per dimostrare loro che si sbagliavano”.

Qualche anno dopo, nel 2014, iniziò la lavorazione di  “Forest Hills Drive”,  affittò una casa a L.A. con il giardino fuori, ed iniziò con la meditazione. Dieci, quindici minuti al giorno gli schiarivano le idee: “Non sapevo cosa pensare della mia vita, sono stato depresso per quasi tre anni. Ed è lì che ho realizzato che non importa cosa gli altri pensano di me. Inoltre ciò che è successo a mia madre mi ha scosso parecchio e non ho avuto il tempo per metabolizzare il tutto. Ero fuori di testa perché non riuscivo a conversare sinceramente con me stesso”.

Arriva quindi al disco “Forest Hills Drive” con rinnovate energie; ha realizzato l’album che voleva, senza alcun compromesso. Non ha appena ha raggiunto la classifica di Billboards la settimana stessa del rilascio Cole si è sentito come risollevato: “Non ha mai voluto essere famoso” dice il suo manager, Ibrahimi Hamad, che gestisce l’etichetta di Cole affiliata alla Interscope, la Dreamville. “Il suo desiderio è sempre stato quello di esser rispettato come artista ad alti livelli. Agli inizi l’arte e la fama vanno di pari passo, perché nessuno ti conosce, e per raggiungere la giusta visibilità devi dimostrarti più grande di ciò che sei, così come la tua musica. Ora non ha più bisogno di fare determinate cose, adesso può essere chi vuole”.

Cole oggi vuole essere padre, marito e rapper. Avere una famiglia lo ha tenuto con i piedi per terra, facendogli seppellire dei problemi che si è sempre portato dietro. “Sono un fottuto rapper di successo, che in un batter d’occhio può andare dove vuole, fare qualsiasi cosa voglia” dice Cole, “ma non c’è decisione migliore della disciplina che ho deciso di impormi, che mi porta ad essere responsabile verso me stesso e verso qualcun altro , mia moglie. La famiglia può darti tutto ciò di cui hai bisogno, darti un equilibrio, un senso, stimolare la tua creatività“.

Il seme per “KOD” è stato piantato circa un anno fa, in un live a Detroit di Kendrick Lamar. Cole aveva suonato la sera prima ed era rimasto un giorno in più per assistere al concerto dell’amico di una vita per il tour di “DAMN”.  Guardando il suo show, l’energia che trasmetteva il palazzetto di Auburn Hills gli ha ricordato di “Forest Hills Drive”: “Le vibrazioni che quel live mi ha trasmesso mi hanno ricordato di come sia fantastico performare un top album, stimolando in me il desiderio di farlo nuovamente. Come quando guardi il menu e pensi: lo voglio di nuovo.

Cole ha quindi lasciato la città e continuato il suo tour. Ha preso una piccola pausa a fine estate ed è andato in Italia ed in Tanzania. Prima di partire è stato però invaso da un’inaspettata ispirazione. Quattro canzoni in tre giorni.  Non è mai stato così produttivo. Iniziano quindi le vacanze: “Ho prenotato un jet. Mia moglie non sapeva dove fossimo diretti fino a quando non siamo atterrati a Roma ed ha visto la bandiera italiana. E’ stato fantastico amico. Il mio primo viaggio da padre e da marito, con mia moglie e mio figlio.”

Nonostante tutto non è riuscito a dormire bene la prima notte a causa di tutte le idee che gli giravano per la testa.  C’era una camera appartata nella suite dell’hotel in cui si trovavano. Si è quindi diretto lì in piena notte ed ha composto un beat sul suo computer. Ha preparato un piccolo microfono di fortuna, lo ha collegato al pc ed ha registrato il brano sussurrando per non svegliare la moglie ed il figlio.

Due notti dopo, ci risiamo. Cole è guarda fuori, davanti i suoi occhi le mille luci della Città di Dio. C’è un’altra stanza dentro la suite che ha trasformato in una palestra. Va dentro e compone un altro brano.  In una manciata di giorni, aveva scritto sei pezzi: “Quei testi scritti di getto avevano un senso” continua Cole, “vedevo chiaramente la strada da percorrere, il messaggio che contenevano, vedevo le loro ombre.”

L’ispirazione per un’altra canzone è arrivata in modo inaspettato, mentre si trovava a letto con la moglie. “Oh no, Kevin, mio Dio” fece lei agitando il cellulare “Cosa hai fatto Kevin?”. Parliamo di Kevin Hart, il comico.  Kevin ha tradito la sua moglie incinta, Eniko Parrish, e si è scusato su Instagram. Cole ed Hart si conoscono da molto tempo, si sono incontrati nel backstage di uno show di Hart a New York, circa dieci anni fa.  La notizia ha causato quindi una lunga conversazione tra Cole e la moglie sulla natura delle relazioni e sull’infedeltà. Discussione da cui è nata la canzone.

Penso che il brano sia fantastico” mi dice Hart nel set del Los Angeles Theater, dove stanno girando il visual del pezzo, insieme alla moglie ed il figlio Kenzo: “Non lo ha scritto per rancore o per fare una morale ma lo ha scritto per un motivo intelligente.

Kevin, che è il protagonista del video, gira in lungo e largo per la città. Cole lo dirige e gli dice cosa fare. La canzone parla della dipendenza dal sesso, ed il video ricostruisce la storia di Hart, immaginando un giorno della sua vita dopo la diffusione della notizia del tradimento. Non sta giustificando Hart, piuttosto vuole incoraggiare gli uomini a prendere delle decisioni migliori. In una scena, Hart sta per comprare un passeggino per il bambino quando gli si avvicina una fan impaziente, una mamma di quarant’anni con il figlio, che gli chiede un selfie. Nonostante il suo tradimento sia stato scoperto, l’unica cosa che riesce a fare è mettersi in posa per una foto.

Il giorno successivo le riprese si spostano nelle strade di West Hills e Cole si trova davanti ad una grande sfida, ovvero quella di rimanere anonimo mentre sta lavorando al suo album. Viene fermato da un paio di ragazzini lungo la strada e da un postino a lavoro che gli chiedono una foto. Cole dice ai ragazzini che farà una foto con loro non appena avrà finito le riprese, al postino dice di aspettare. Cambia però idea e scatta una foto insieme a loro.

Cole e la sua crew vagano quindi per le strade facendo attenzione a non essere osservati e conversando del più e del meno tra una ripresa e l’altra. Quel giorno il tema vira su Donald Glover che proprio quel giorno aveva pubblicato quindici pagine della sua sceneggiatura di Deadpool, progetto poi abortito. “È stata una rivalsa, come a dire: guardate, vi mostro ciò che so fare”.  Non appena le acque si sono calmate, Cole è pronto per ripartire. I Dallas Mavericks sono in città per giocare contro i Lakers. Cole è gasatissimo perché la guardia ventenne del North Carolina, Dennis Smith, affronterà Lonzo Ball, il ragazzo del momento.

Tornati nella Bentley, Cole sfreccia a tutta velocità verso lo Staples Center. Ne approfitta quindi per mettere un po’ di musica tramite il telefono. Prima “Heart Don’t Stand a Chance” di Anderson .Paak, poi “Friends or Foe” di Jay-Z della quale rappa ogni barra. Ancora, “A million and One Questions” sempre di Carter : “Non l’ho mai ascoltata in una situazione simile”. La musica passa poi a Isaac Hayes con “Walk On Side”, ed il volume si alza con “Still Ray” di Raphael Saadiq.

Improvvisamente la macchina di Cole rallenta bruscamente, esce la mano dal finestrino, abbassa il volume ed esclama: “Colpa mia” ad un passante sulle strisce pedonali. Dall’altro della strada si accendono le luci. La polizia di Los Angeles.

Sta sicuramente controllando la targa in questo momento” dice Cole guardando la polizia dallo specchietto. Un secondo dopo si accostano a noi e Jermaine abbassa il finestrino.

Che succede?” fa il poliziotto.

Scusate, non l’ho visto”.

Il poliziotto fa una pausa. “Va tutto bene” dice, “Fai più attenzione”.

Cole chiude il finestrino e mi fa: “Abbiamo rischiato grosso amico. La mia patente è scaduta più di un mese fa.

Arrivati nei sotterranei dello Staples Center troviamo il roster della Dreamville al completo.  Cole e Hammad hanno dei posti riservati a bordo campo ma trascorrono gran parte del match nel parcheggio. Non è che Cole non volesse andare, è che stare seduto lì, al fianco di altre celebrità, non è che lo entusiasmi molto. Cole si sente a casa quando sta con i suoi amici, e l’opportunità di trascorrere dei giorni così sono sempre più rari.

Ma lui ci prova ad esser più socievole, più esposto, a trovare il giusto equilibrio tra la sua nuova vita e quella vecchia. Sta abbastanza distante da sentirsi tranquillo, ma piano piano deve tornare indietro sui suoi passi. Non perché voglia qualcosa in particolare. Solo perché questa volta è ben consapevole di chi è adesso.

“Deve essere bello trovarsi in una stanza piena di gente famosa, pensi che devi essere molto importante per trovarti lì. Ma poi arriva la pressione del doverti comportare come se fossi quel qualcuno a tutti i costi, tipo: chi sono io per trovarmi circondato da gente simile? O chi dovrei essere? Semplicemente te stesso” dice Cole, “ora, appena vado dentro… sarò semplicemente me stesso”.

Mentre scrivo, Cole continua ad infrangere record su record. “KOD” è l’album del momento e tre suoi singoli sono contemporaneamente nella top 100 di Billboards. Una chiara dimostrazione di come l’exploit di questa musica permetta oggi una migliore diffusione di argomenti delicati e temi importanti. Tutto quello che effettivamente “KOD” è.

Fonte: Vulture.