Il disco della maturità di Noyz Narcos – Recensione di “Enemy”

Noyz Narcos

“Enemy”, il tanto atteso album ufficiale di Noyz Narcos, è arrivato. Ecco cosa ne pensiamo.

Forse è proprio vero che il traguardo dei quarant’anni porta le persone a ripensare al passato e a essere più mature. Per Fabri Fibra tutto ciò si è concretizzato in “Fenomeno“, per Noyz Narcos che non ne ha proprio quaranta, bensì trentotto – in “Enemy“, il suo quinto album ufficiale da solista.

La formula di Noyz non è mai cambiata negli anni, è andato a migliorarla, a sgrezzarla ma le fondamenta rimangono quelle: basi d’impatto, immaginario e rime crudi, descrizione della realtà senza fronzoli, citazioni ai film, parole che passano dallo slang romano all’inglese etc., ed è proprio per questo che gli ascoltatori lo apprezzano.

L’altro motivo per cui è così tanto amato è che non si è mai “venduto”. Con questa frase non si intende il modo autoreferenziale, da cane che si morde la coda, ma nel suo caso significa riuscire negli anni ad evolvere la propria scrittura e il proprio stile, rimanendo al passo coi tempi, senza mai far uscire cose che non fossero coerenti con il suo personaggio e il suo immaginario.

Provando ad incasellarlo all’interno del contesto del rap game, il suo è un nome che sta a metà tra i cosiddetti underground e mainstream. Qualcuno che fa i numeri di un artista mainstream, mantenendo molte caratteristiche proprie dell’underground: Noyz Narcos (così come Salmo, e non è un caso che i due vengano spesso assimilati) è overground.

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Fatta questa premessa – necessaria per inquadrare il contesto e dare una dimensione al personaggio – a tre anni da “Localz Only” e a cinque da “Monster“, ecco “Enemy“.

Enemy” è una ventata d’aria fresca, un disco vero, con un capo e una coda, con rime, skill, produzioni all’altezza e collaborazioni . Quindici tracce, otto featuring, sette produttori. Partendo proprio dalle collaborazioni, che tanto avevano fatto storcere il naso ai fan più stagionati, nel disco si trovano Salmo, RkomiLuchè, Capo Plaza, Coez, Achille Lauro, Carl Brave & Franco126.

La presenza di Salmo è comprensibile per i motivi sopra elencati e, come è facile immaginare, il duo funziona alla perfezione. Il rapper sardo rappa una seconda strofa decisamente convincente, con continui cambi di flow, senza tuttavia mollare un colpo. Con Rkomi si consolida la legacy che aveva portato il rapper romano a fare un featuring su “Io in terra“. Ennesimo attestato di stima da parte di entrambi, ma soprattutto, ennesima conferma delle speranze che alcune leggende del rap italiano hanno nei confronti di Rkomi. Luchè e Capo Plaza sono due nomi inaspettati ma piacevolissimi: un Luchè in grandissima forma (il suo disco è uno dei più attesi del 2018) disegna una delle strofe migliori del disco in “Casa mia“; il ritornello è affidato a Capo Plaza, che per l’occasione opta per una soluzione più melodica e ipnotica, breve ma molto efficace per spezzare il ritmo e dare il cambio da una strofa all’altra. A Coez viene affidato, invece, il ritornello di “Sputapalline“, che ricordava vagamente quello di “Taciturnal” con Gemello.

Momento nostalgia con Achille LauroCarl Brave & Franco126. Con Achille vengono omaggiati tutti gli amici persi nel corso delle rispettive vite, tutti coloro che la città ha inghiottito o che si sono persi per strada, vittime della vita che hanno scelto o in cui si sono trovati. Discorso diverso, ma parallelo, quello con gli ultimi due (tra l’altro pupilli di Chicoria da prima della fama) con i quali Noyz ha l’occasione per essere più descrittivo e nostalgico, parlando di Roma e delle sue strade. Se da una parte lui prende questa vena più “sentimentale”, è interessante vedere Carl Brave & Franco126 piegarsi al “lato oscuro”. Il risultato è “Borotalco“, probabilmente la traccia del disco più apprezzata su lunga scala.

A livello di produzioni sono presenti Sine, Davide Ice, Boss Doms, St. Luca Spanish, Parix, The Night Skinny e lo stesso Carl Brave in “Borotalco”. La ricerca sonora si basa sulla necessità di rimanere fedeli ad un percorso ben definito, ma cercando di andare incontro alle esigenze del pubblico, sempre più diverso e stratificato. All’interno del disco quindi si trovano quindi situazioni più canoniche, come la prima traccia “INRI” ma anche “Training Day” e “Mark Renton“, che rimangono molto fedeli ai suoni dei lavori passati. Assieme troviamo brani diversi o più sperimentali, come “Casa mia” o “RIP” ma anche la stessa “Sinnò me moro“, che, nonostante lo splendido campione di Gabriella Ferri, rimane molto melodica e riflessiva.

Le produzioni, forse addirittura più dei testi, rappresentano al meglio l’evoluzione di Noyz Narcos e il modo in cui ha voluto presentarsi attraverso questo suo ipotetico ultimo album.

“Enemy”: me, Myself & Roma

Nel disco vengono affrontati vari temi abbastanza canonici per la poetica di Noyz che, come sottolineato a più riprese, nelle fondamenta non è mai cambiata: racconto delle strade, storie di periferia e dei margini della società, aneddoti legati al mondo della droga e dello spaccio, critiche verso determinate persone, citazioni, costruzione di un immaginario quasi horror etc. Risulta quindi molto interessante notare come all’interno dell’intero album, affiancato a queste tematiche canoniche, venga affrontato in modo parallelo ma sistematico il tema della nostalgia, un sentimento che, nella sua accezione più letterale, fa riferimento al desiderio del ritorno.

Nel caso di Noyz, il ritorno è legato sia a quando ha iniziato a rappare (e non mancano, in tal senso parole molto dure verso i ragazzi più giovani, soprattutto in “INRI“) ma anche verso la capitale. Nonostante sia l’emblema di Roma, Noyz è da parecchio tempo che ormai vive a Milano per motivi di lavoro; la mancanza della città, che in questo caso è quasi come una madre, si sente.

I momenti di malinconia non sono mai stati così presenti come in questo disco, prima fra tutte è “Sinnò me moro” con il campione di Gabriella Ferri, in cui si parla esplicitamente di Roma che si offre all’artista per una notte, ma anche del quartiere e persino della mancanza della madre. I momenti brutti passano anche per la canzone con Achille Lauro, in cui la presenza della morte aleggia macabra sulla testa dei due artisti che hanno visto troppe persone a loro care perdersi per strada. Una vena di malinconia attraversa tutto l’album in maniera inequivocabile.

È difficile immaginare un Noyz stanco e nostalgico, difficile immaginare il re di Roma guardarsi indietro e non riuscire pienamente a riconoscere il luogo che l’ha visto crescere e poi consacrarsi tra i grandi del rap italiano. Probabilmente si deve anche a questo l’annuncio di “Enemy” come possibile ultimo album, deciso dopo aver descritto in modo indelebile un mondo che ormai sembra scomparire agli occhi dell’artista.

In definitiva, questo è un disco completo, complesso, che racchiude in se la summa delle esperienza da rapper di Noyz. Il disco della maturità e della consapevolezza, una ventata d’aria fresca per la scena. Nella speranza che non sia davvero l’ultimo.

LOYAL TO THE GAME.