Recensione di “Victory Lap”, il debutto ufficiale di Nipsey Hussle

Nipsey Hussle

Nipsey Hussle con “Victory Lap” ha finalmente vinto la sua corsa.

Immaginate un’artista che abbia le sembianze di Snoop Dogg di qualche grammo (kg?) di marijuana fa, che suoni come G-Funk comanda e che nelle sue liriche sia così real tanto da essere accostato ad una leggenda vivente come Ice-T. Questa può essere – semplicisticamente- una bio di Nipsey Hussle.

Ma.. Chi è Nipsey Hussle? Un nome quasi sconosciuto in Italia – a detta di molti – se non per qualche sporadico brano apparso fugacemente nelle top charts mondiali. Il suo nome d’arte è un ossimoro di per sé, accostare un clown ad un money maker forse non è un’idea saggia a meno che tu non sia una living legend per la tua città, per il tuo quartiere e per la gente che ti sta intorno. Eh sì, anche per la musica.

Hussle non ha mai debuttato con un album ufficiale. “Victory Lap” è frutto di anni ed anni di rinvii, attese e decisioni da prendere. Ma Nipsey non è uno che nel rap game U.S.A. è arrivato ieri, nemmeno l’altro ieri. I suoi esordi appartengono – approssimativamente – ai primi anni del duemila i quali hanno dato poi seguito ad innumerevoli collaborazioni, release non ufficiali e scelte di marketing. Cosa c’entra il marketing direte voi? Ve lo spieghiamo subito.

Ancor prima che un’artista, Nipsey è rispettato – se non addirittura amato – per il suo saper essere imprenditore di sé stesso e del suo ambiente col quale intrattiene un intenso rapporto di appartenenza da fare invidia ai migliori contesti shakspeariani (o alle peggiori soap opera sudamericane). Hu$$le vive ancora oggi nelle strade che lo hanno cresciuto -come i distretti di Crenshaw & Slauson– dal quale prendono anche il nome due dei suoi mixtape. Nel quartiere Nipsey Hussle non è però una superstar quanto un uomo di “buon cuore” che ha sempre pensato al benessere altrui oltre che al proprio. Che si tratti di un clochard incontrato per strada o di un amico di una vita Nipsey è sempre stato pronto a dare una mano per aiutare il prossimo. Vedere per credere.

Parlavamo di marketing, vero. Nispey è stato davvero un numero uno in questi anni nel farsi corteggiare dalla quasi totalità di label ed artisti in circolazione. Rick Ross con la sua Maybach Music, la spendacciona Atlantic Records (che oggi l’ha spuntata esclusivamente per un contratto di distribuzione e ripartizione delle royalties) e persino la Roc Nation di Jay-Z, il quale ha comprato 100 copie del mixtape “Crenshaw” a 100 $ cada una. Nispey ha investito nelle cripto valute – gergamente chiamate bitcoin – in tempi non sospetti ed è CEO di una catena d’abbigliamento esclusiva che ha luogo proprio nella sua città natale, nel suo quartiere: “The Marathon”, altro nome di uno dei svariati mixtape.

Ma perché “Victory Lap” è uscito solo adesso? Beh, sostanzialmente la risposta è semplice. Il motto sulla quale Nipsey Hussle ha basato la sua intera vita è stata “All $ in, No $ Out”, motivo per il quale la musica è sempre stata una priorità parallela a tante altre. Poi è arrivato Diddy, con il suo fare sempre così affascinante – quasi da despota – che in poco tempo è riuscito a farlo concentrare esclusivamente sulla propria arte supportandolo per tutto il processo creativo e gestendone quindi la direzione artistica.

Qual è il risultato? Dipende dai punti di vista, a mio parere è più che ottimo. A patto che si sposi il flow spezzato che Nipsey adotta tipicamente in ogni suo brano. Potrebbe essere un limite direte voi? No, il limite è non saper rappare o non aver nulla da dire e di questo non c’è ombra di preoccupazione. La corsa Nipsey Hussle l’ha vinta ampiamente seppur dopo svariati warm-up.

Victory Lap Nipsey Hussle

La traccia d’apertura – “Victory Lap”-  è una title-track nel pieno del suo significato. Una dichiarazione d’indipendenza e di status che vi aiuteranno a comprendere meglio il viaggio all’interno del quale il rapper vi porterà. Mentre state leggendo avete già notato il campione di “Knee Socks” degli Artic Monkeys cantato da Stacy Breath? Ah, che cosa bella i sample, si vede che Diddy ci ha messo mano.

I propositi delle tracce successive? Riappropriarsi di quel G-Funk pieno di sintetizzatori melodici e bassi profondi, di quel mood marchiato a fuoco nella sua identità che tanta storia è riuscito a fare negli anni.  A mio modesto parere, Nipsey raggiunge pienamente i suoi obiettivi. Le liriche sono un fedele specchio della realtà che da sempre vive, che non ha mai rinnegato e che non ha mai avuto bisogno di edulcorare tramite filtri plasticosi. Uno, due brani passabili ci sono come quello con CeeLo Green dove si poteva fare qualcosa di più. Ma se per contrappasso ci sono poi perle – oltre i singoli estratti – come “Hussle & Motivate“, dove viene rivisitato il beat di “Hard Knock Life (Anthem)” di.. come di chi? il lavoro alza velocemente la propria asticella qualitativa.

Insomma, se dovessimo descrivere quest’album lo faremmo come un road trip tra le strade di Los Angeles, magari sopra una luccicante Impala del ’96 (rossa), passando – senza neanche accorgercene – tra le palme di Sunset Boulevard sino al grigiore di Compton. A patto che siate losangelini ed a patto che siate Nipsey Hussle. Non lo siete?.. beh, godetevelo ugualmente.

A proposito. Vi avevo detto quanto sia stato abile nell’investire su sé stesso negli anni. È doveroso quindi riportarvi gli auguri che The Game ha pubblicamente fatto a Nipsey per l’uscita del suo nuovo disco:

Non avrei mai pensato che il ragazzo che una volta a Crenshaw mi ha regalato il suo demo sarebbe poi diventato uno dei miei MC preferiti di tutta la West Coast.. Come quel giorno in cui ci siamo stretti la mano e ti ho detto “Se vuoi tutto questo, prenditelo”.. Sono fiero di te amico”.

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