Tupac – The ascent

Tupac

Dove eravamo rimasti? Ah si, ci eravamo fermati pochi mesi prima che Tupac incassasse 90 milioni di dollari con il suo primo album e poco dopo arrivò Strictly 4 my N.I.G.G.A.Z.

Non male come debutto eh? E nei mesi successivi l’effetto valanga lo ha portato a recitare anche in diversi film, Juice e Poetic Justice per esempio, oltre che in alcuni spot pubblicitari. Ma la fama e il successo sono spesso anche una calamita per i guai e così inizia a sporcarsi anche la fedina penale (misteriosamente rimasta immacolata fino ad allora).

Così nella sua biografia possiamo leggere della causa di 10 milioni di dollari intentata per una colluttazione con degli agenti di polizia, dell’accusa di aver schiaffeggiato una fan per avergli chiesto un autografo e delle denunce per aver istigato nei suoi testi alcuni ragazzi a fare fuoco contro la polizia. Se volete saperne di più vi consiglio la lettura del libro Who shot ya?, preciso ed esaustivo sull’argomento

Ma torniamo sul pezzo, perché nonostante tutte queste pause forzate la voglia di scrivere è sempre tanta e nasce un nuovo progetto. Bisogna infatti introdurre Strictly 4 my N.I.G.G.A.Z., il suo secondo album uscito a meno di 24 mesi di distanza dal primo.

“Learn to survive in the nine-tre’, I make rhyme pay, others make crime pay, Whatever it takes to live and stand cause nobody else’ll give a damn, So we live like caged beasts waitin for the day to let the rage free, Still me, till they kill me, I love it when they fear me” 

“Impara a sopravvivere nel 93, Mi faccio pagare dalle rime altri si fanno pagare dal crimine, Tutto ciò che serve per vivere e stare in piedi perché a nessuno importa un cazzo, così viviamo come bestie imprigionate aspettando il giorno per liberare la rabbia, Ancora me, finchè non mi uccidono, amo quando hanno paura di me”

(Holler if ya hear me)

La data di uscita di Strictly 4 my N.I.G.G.A.Z. è il 16 febbraio del 1993, anno molto importante per il cantante, non solo dal punto di vista musicale. Di commenti tecnici riguardo all’album se ne potrebbero fare molti: le metriche sempre pungenti e le parole che martellano dando il tempo al beat (e non viceversa) tolgono il fiato anche a chi ascolta. Alcuni testi di Strictly 4 my N.I.G.G.A.Z. sembrano poco impegnati ma estremamente d’impatto come I get around e scalano presto le classifiche, mentre altri sono assolute perle capaci di far scendere qualche lacrimuccia come l’immortale Keep your head up (sotto).

“Some say the blacker the berry, the sweeter the juice, I say the darker the flesh then the deeper the roots” 

“Alcuni dicono che più scura e’ la bacca, più e’ dolce il succo, Io dico più scura è la carne allora più profonde sono le radici”

Please… you got to keep your head up”. Questa canzone è un inno, una richiesta di essere tenace rivolta a tutte le giovani madri afroamericane che come Afeni spesso sono costrette a crescere i figli da sole, o ancora peggio picchiate e maltrattate da pseudo-compagni, nel caos di un quartiere pieno di prostitute, spacciatori e gang. E’ una promessa per chi non ha la lucidità necessaria per credere in un futuro diverso (“ragazza le cose diventeranno più facili/ragazza le cose diventeranno più luminose”) e allo stesso tempo un tentativo di consolare chi non ha la forza per affrontare il presente (“sembra che la pioggia non smetterà mai/cerco di tenere la testa alta e cerco ancora di non bagnarmi troppo sai,/è divertente, quando piove diluvia/hanno i soldi per la guerra, ma non possono nutrire i poveri”).

Nel resto di Strictly 4 my N.I.G.G.A.Z troviamo diverse canzoni atte a inneggiare la ribellione contro la polizia e la censura, indicando quest’ultime come risposta alla domanda: “Who’s the biggest gang of niggas in the city?” in Souljah’s revenge Tupac, come già visto al debutto, è convinto che il razzismo sia profondamente radicato nella società ed in particolar modo nel contesto americano, per cui combatte senza sosta sia mediaticamente che fisicamente per contrastarlo. A pochi mesi di distanza dall’uscita dell’album infatti viene coinvolto in una rissa con due agenti di polizia. Secondo il rapper i due poliziotti fuori servizio stanno importunando senza motivo un giovane afroamericano sul ciglio di una strada ad Atlanta. Volano paroloni. Poi si alzano le mani. Infine Tupac tira fuori la pistola e spara ad entrambi ferendone uno alla gamba e uno alle natiche. E’ il putiferio. Si rischia grosso.. ma di colpo le accuse cadono quando si scopre che i due agenti durante il fatto sono ubriachi, sotto effetto di cocaina e marijuana ed in possesso di armi sottratte da un armadietto delle prove giudiziarie.

Un anno travagliato, appunto. La sensazione è che tutti cerchino in qualche modo di ostacolarlo ed è lui stesso a dirlo pubblicamente:

“It’s not to be a racist, but let’s face this:
 wouldn’t you if we could trade places?”

(Point the finga)

“Non è per essere razzisti, ma guardiamo in faccia la realtà: non lo faresti, se noi potessimo scambiarci i ruoli?” Io ci penserei due minuti prima di rispondere, anche dieci forse. Se posso citare le parole dello zio Ben “… da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. In questo caso, da un grande talento derivano grandi pressioni e obblighi, sia verso se stesso che verso una comunità sempre più vasta che lo ha di fatto eletto leader e portabandiera della propria struggle. Ma Tupac si sente pronto ed è sempre più convinto a mettere in gioco la sua stessa vita per questa causa:

“You know what my momma used to tell me, if ya can’t find something to live for then you best find something ta die for”

“Sapete cosa mi diceva mia madre, se non riesci a trovare qualcosa per cui vivere, allora faresti meglio a trovare qualcosa per cui morire”

(Something 2 die 4)

Mi sembra utile in questo momento introdurre e approfondire il significato della parola flow. Ma non nel senso musicale di fluency. Bensì vorrei riportare il concetto espresso nell’anno 1990 da Mihàly Csìkszentmihàlyi (no, nemmeno io so come si pronunci), uno psicologo ungherese emigrato negli Stati Uniti. Nei suoi studi egli ha evidenziato come il “suo” flow sia collegato alla felicità e al benessere psico-fisico di una persona. Viene infatti considerato un’esperienza che le persone provano quando agiscono con un coinvolgimento totale.

È lo stato mentale per cui un individuo è così preso in un qualcosa che nient’altro sembra avere importanza, la gratificazione che deriva dall’esperienza è così grande che le persone la ricercano anche a costo di grandi sacrifici. Questa nuova visione del termine flow risulta estremamente appropriata a Tupac e alla sua street mentality, secondo la quale non è morire la paura più grande, ma morire senza fare ciò che si ama.

È in questo periodo però che si verificano due eventi che cambieranno radicalmente il suo pensiero e la sua visione del mondo.

Una sera in un night club di New York gli viene presentata una ragazza, tale Ayanna Jackson. Lei è una sua grande fan, ma non le basta semplicemente stringergli la mano per così dire. Dopo aver praticato un fellatio nella sala da ballo trascorre il resto della notte in camera dell’artista. Quattro giorni dopo si ripresenta nella sua stanza prima di uno spettacolo. Adesso siamo di fronte ad un bivio fondamentale. Non voglio indirizzarvi o mentirvi dicendovi qual è l’unica e sacra verità, poichè probabilmente in pochissimi la conosceranno, per cui siete liberi di credere a ciò che volete. Secondo la versione di Tupac, mentre la ragazza le pratica un massaggio, due amici del cantante entrano in camera con l’intenzione di fare amicizia anch’essi con lei e a quel punto lui stesso lascia la stanza inorridito. La ragazza sostiene invece di essere stata abusata da tutti e tre gli uomini, per cui denuncia lo stupro di gruppo. Dopo mesi di indagini la condanna pronunciata è di violenza sessuale minore e la pena fissata è di quattro anni e mezzo di carcere.

Ma c’è qualcos’altro che desta ancora più scalpore e lascia a bocca aperta tutti i presenti. Tupac Amaru Shakur si presenta alla lettura della sentenza spinto su una sedia a rotelle… e con cinque nuove cicatrici cucite indelebilmente sulla sua scura pelle.

Grafica di Stefano Baldi.