Abbiamo intervistato Mosè Cov, una delle “next big thing” del rap italiano

In occasione della recente uscita del suo nuovo singolo “L’ombra di Londra”, abbiamo raggiunto telefonicamente Mosè Cov per conoscerlo un po’ meglio.


Mosè
 Cov, nome d’arte di Mussie Tesfay, è un rapper milanese di origini eritree. Da qualche tempo collabora con Propaganda Agency ma il suo percorso musicale affonda le radici nel passato. Il rapper ha infatti da sempre gravitato attorno alla scena musicale milanese – rap e non solo – arrivando a costruirsi un personaggio artistico degno di nota del quale sentiremo sicuramente parlare in futuro.

È da poco fuori il suo nuovo singolo di Mosè Cov, “L’ombra di Londra“, un brano dal sapore agrodolce che ci ha particolarmente colpito: abbiamo deciso di contattarlo e sapere qualcosa in più. Ecco cosa ci ha detto:

Ieri è uscito il nuovo pezzo di Ensi, il remix di “Tutto il mondo è quartiere” in cui ci sei anche tu. Conoscevi già Jari o ti ha chiamato appositamente per la collaborazione?

«Jari lo conosco da parecchio, lui è sempre stato propenso a girare per i quartieri a Milano per conoscere gente e veniva anche spesso alle Jam, anche quando le organizzavamo noi del collettivo (Collettivo Cov, ndr).»

Secondo te l’Italia è pronta, senza entrare in discorsi politici, ad accettare lo Ius Soli o quantomeno all’idea che stiamo diventando un paese sempre più multietnico?

«A mio avviso è uno di quei discorsi utilizzato solo per fare politica, ti basta vedere le scuole, come sono composte le classi, per capire che in realtà è una dinamica che va avanti già da tempo, ma è un discorso di “prostituzione intellettuale”, se ne parla quando si ha bisogno di voti, è un discorso che c’entra poco con la musica, la musica va oltre, serve ad unire.»

Alcuni affermano che l’essere italiani di seconda generazione serva in alcuni casi a crearsi un personaggio, come per voler “sfruttare” il proprio status. Cosa ne pensi?

«Io sono cresciuto nelle popolari a Milano, in quartieri dove non c’è un milanese e mi ha sempre dato un po’ fastidio il discorso del dovermi “limitare” perché le persone avrebbero potuto giudicarmi per la mia etnia. Credo che se un rapper è forte, se spacca, non importa a nessuno da dove arrivi.»

Come Ghali…

«A nessuno importa nulla che Ghali è tunisino, come a nessuno importava che Balotelli fosse di colore, cominciò ad essere attaccato solo quando sbagliava i gol.»

In che rapporti sei con il tuo paese d’origine, l’Eritrea?

«Ho avuto la fortuna di vederlo e conoscerlo in vari aspetti, lì ho visto la vera forza di volontà delle persone.»

mose


Come è nata la collaborazione con Propaganda Agency?

«La collaborazione è nata grazie a Ema (Emanuele Frasca ovvero Noyz Narcos, ndr) e Andrew (Andrew Propaganda, ndr), che avevo conosciuto grazie alla mia musica. Da quando si sono trasferiti qua a Milano è nata prima una sincera amicizia e poi il rapporto professionale. Andrew aveva detto che gli piacevano le mie robe e mi ha inserito nell’etichetta ma soprattutto mi ha dato una mano a conoscere persone: grafici, produttori e non solo. Poi con il tempo si è creata una vera e propria famiglia, oltre la musica.»

 

Due anni fa circa Egreen ti fece i complimenti per un pezzo, ora non più presente online, ovvero “In mezzo ai bersagli”. Ad oggi come lo valuti quel brano e come mai hai deciso di cambiare un po’ sonorità?

«Secondo me è un bellissimo brano, a me piace molto. Prima avevo un determinato approccio perché suonavo in una band crossover, e quindi quando rappavo mi veniva naturale avere un modo più hardcore e aggressivo. Poi andando avanti ho capito che non mi piaceva soffermarmi su quelle cose e avendo imparato molto nel corso degli anni ho voluto concretizzarle.»

Per questo hai eliminato tutti i brani da YouTube e Soundcloud?

«Più che altro erano registrati in studio da me, mixati e prodotti da me, non ero in grado ancora di dar loro una qualità adatta e piuttosto che lasciarli in qualità bassa ho deciso di metterli da parte con l’idea che in futuro li ripubblicherò, magari riarrangiati o comunque in una qualità più alta.»

Il tuo stile mi è sempre parso molto originale. Mi chiedo quindi: quali sono le tue fonti di ispirazione, italiane ed estere?

«Considerato che oltre a rappare produco, anche insieme ad un altro ragazzo, Fulvio Ruffert, che fa musica elettronica principalmente, il più delle volte non mi soffermo ad ascoltare il rap. Ci mettiamo lì ad ascoltare musica di tutti i tipi, se stiamo cercando dei campioni possiamo passare dai Delfonics a Nina Simone passando per la musica giapponese degli anni settanta. C’è molto una ricerca per trovare il sound figo che non usano gli altri, secondo me utilizzare troppo i synth alla lunga rende tutti uguali.»

Di rap quindi ne ascolti poco?

«Sì, quando lo faccio ascolto molto Tory Lanez, Vic Mensa, lui ad esempio è molto forte, riesce ad essere non commerciale ma commerciabile pur mandando messaggi forti ed essendo molto coinvolto nel sociale.»

In che rapporti sei con la nuova scuola di Milano?

«Li conoscevo quasi tutti da parecchio tempo. A Milano ci conosce un po’ tutti nei quartieri, Ciccio (Ciccio Cioci, collaboratore di Rkomi, ndr) ad esempio era molto amico del mio migliore amico e così piano piano ci siamo conosciuti tutti. Bene o male son tutti bravi ragazzi.»

Progetti futuri? Cosa ci dobbiamo aspettare dopo “L’ombra di Londra”?

«Dopo questo singolo sicuramente un altro singolo, molto bello, sul quale stiamo lavorando molto. Come sonorità non credo ci distingueremo molto da quest’ultimo pezzo. Ora come ora poi la musica sta tornando un po’ ad essere come gli anni settanta, nei quali uscivano i 45 giri con solo il singolo e la strumentale. Questo porta ad avere prodotti molti più curati. L’importante credo sia riuscire a tirare fuori un prodotto che con il passare del tempo ti continui a soddisfare.»