Elton John intervista Eminem per l’uscita dell’album “Revival”

Eminem

Due pesi massimi della musica, due artisti, due amici a confronto.

In occasione dell’uscita del suo nuovo album “Revival“, fissata per il 15 di questo mese, Eminem ha rilasciato una lunga intervista all’amico Elton John. I due artisti, amici dalla mitica performance dei Grammy, parlano dell’attuale situazione di Marshall, della lavorazione del disco e di ciò che lo circonda, tra passato e presente.

Un dialogo (telefonico) sincero e personale tra due artisti che si possono considerare tra i maestri della cultura contemporanea, giusto per sottolineare per l’ennesima volta la differenza di spessore che esiste tra l’hip hop italiano e quello americano.

ELTON JOHN: Ciao Marshall.

EMINEM: Come stai fighetta?

JOHN: Sto molte bene, vecchio bastardo. Sei a Detroit?

EMINEM: Si.

JOHN: Devi essere abbastanza eccitato per avere un nuovo album in uscita. Parlamene un po’.

EMINEM: Ci ho lavorato per oltre un anno. Lo sai com’è – fai delle canzoni, e mentre fai quelle nuove, le precedenti diventano vecchie e le butti via. L’album si chiama “Revival”. È una riflessione su dove sono ora, ma ho anche provato a diversificare. Ho provato a fare un poco di qualcosa per tutti.

JOHN: Sei molto bravo nelle collaborazioni. La prima volta che ci incontrammo fu ai Grammy, quando mi chiedesti di fare “Stan”. Fu un evento meraviglioso, non me lo dimenticherò mai.

EMINEM: Non me lo dimenticherò mai neppure io – ed ero fatto.

JOHN: Eri fatto?

EMINEM: Oh, ero di sicuro fatto quando ci incontrammo.

JOHN: Non avrei saputo dirlo. Ero ipnotizzato da te e dalla tua performance; mi fece rizzare i capelli sul retro delle mie braccia. Era come vedere Mick Jagger per la prima volta. Non ero mai stato realmente esposto a quel tipo di live rap, e fu elettrizzante. E quando fosti insultato – riguardo il tuo essere omofobo – pensavo: “Non posso sopportarlo. È senza senso”. Dovevo parlare e difenderti. Quella performance ai Grammy fu l’inizio di una bella amicizia per la qualche sono molto grato.

EMINEM: Anche per me. Quello fu un periodo pazzo per me. Non so se fossi fatto quando ci incontrammo, ma di sicuro ero all’inizio della dipendenza.

JOHN: Sei pulito da tanto ora.

EMINEM: Si, nove anni.

JOHN: Il tuo giorno di sobrietà è sul mio diario. Sono fiero di te. Io sono pulito da 27 anni, e quando lo sei, vedi le cose da un altro punto di vista. Rende la tua vita molto più maneggevole. Sembra di essere diverso – lo posso dire quando parlo con te.

EMINEM: Ripulirmi mi ha fatto crescere. Sembra come se tutti gli anni di abuso, non mi abbiano fatto maturare.

JOHN: Lo stesso per me. Se non ci fossi passato, non sarei dove sono ora, e ne sono molto grato. Ma non riesco ancora a credere di aver fatto alcune di quelle cose. Comunque, parliamo della tua vita ora. Ogni artista in questi giorni è su Instagram o Facebook, si fa i selfie, è sui giornali tutto il tempo, ma tu no. Vivi una vita semplice. Sei una persona schiva. Le persone pensano di sapere tutto di te, ma in realtà non sanno niente.

EMINEM: Ho studiato a lungo Dre. Non so se puoi o meno chiamarlo un mantra, ma credo che se non vai mai via, non puoi mancare a qualcuno. E così ho realizzato che alcune persone vedono l’allontanamento come “oh, adesso non conta niente”, ma penso che sia necessario allontanarmi, sennò mi stufo di me stesso. Non è mai stata una cosa per me essere sempre al centro della scena.

JOHN: Le persona pensano che tu sia un tipo aggressivo per come sei entrato nel rap game, ma sotto l’apparenza sei una persona abbastanza riservata. Torniamo all’inizio, allo “Slim Shady LP”. Chi erano le tue influenze al tempo?

EMINEM: Devo dire Dre. Ricordo la prima volta che ci incontrammo ad LA. Incontrai Dre e Jimmy Lovine all’Interscope, e mi sembrò così ridicolo e così inverosimile che stesse accadendo. Quando Dre entrò, fu un’esperienza extra corporea. Niente nella mia vita era andato per il verso giusto, ma lui mi mise in un appartamento ad Oakwood e mi pagò l’affitto così da poter registrare con lui. Quello fu un periodo in cui stavo in piedi a scrivere 48 ore di fila e finivo alle 6 del mattino. Volevo essere preparato per Dre perché pensavo “Se non sono pronto per tutti gli aspetti di questa vita, questa lo sarà di certo per me”.

JOHN: La conferma e l’incoraggiamento da parte sua, devono essere stati un mondo per te. È importantissimo per un artista giovane sentirli da qualcun altro. Non ti ha fatto rendere di più?

EMINEM: Assolutamente. La prima volta in studio, registrando 3-4 canzoni in tipo 6 ore e per ogni beat che lanciava, dovevo rapparci su o scrivere qualcosa al momento. Dal giorno dopo, mi incominciò a mostrare cose che non sapevo di poter fare con la mia voce. Registrammo una canzone chiama “Role Model”, e lui diceva: “ Non vuoi diventare come me ?” e mi continuava a dire “No, rifalla. Rifalla.” Così provando e riprovando, ancora e ancora fino a che finalmente stavo urlando, e lui “ Si, ora ci siamo”

JOHN: Siete ancora legati?

EMINEM: Si.

JOHN: Non ti dimentichi persone così. Qualche volta è il destino – come quando conobbi Bernie Taupin per caso. Ripensando a quello che hai detto prima riguardo lo sparire, è come quello che fece Prince. Come quello che fa Dylan o Springsteen. Non vanno mai via. Le persone vogliono sempre sapere cosa fanno.

EMINEM: Di sicuro, ci sono alti e bassi. Non ho avuto una carriera perfetta. Ho fatto uscire dei dischi di cui, guardandomi alle spalle, non sono così fiero, ma c’è anche un sacco di altro materiale di cui sono contento.

JOHN: È parte dell’essere un artista; non puoi sempre scrivere grandi cose, se lo facessi, saresti disumano. Il lato umano delle persone è quello in cui falliscono.

EMINEM: Non si riesce sempre a creare una hit ed ecco perchè, quando registro un disco, creo 50 canzoni. Ogni canzone che registro deve essere migliore. Se non è migliore della precedente che ho fatto, è meglio fermarsi per un paio di mesi, e poi la metterò nel dimenticatoio, e poi ci sarà una nuova canzone che farò che , di solito, non metto sul disco.

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JOHN: Dico spesso alle persone, “se non capite l’hip hop, dovete solo guardare quando viene registrato”. Quando sei in studio – e io ho visto varie registrazioni, sono stato in studio con Kanye West e gli A Tribe Called Quest – è un gioco completamente diverso. Mi dispiace molto quando le persone lo criticano, perché vedo una grande musicalità. In questi giorni, quando ascolto dischi di artisti hip hop, sento le produzioni. È incredibile quanto le produzioni siano diventate grandi.

EMINEM: Con tutte le canzoni, tutti gli elementi devono lavorare insieme. Primo, il beat deve essere grande – si inizia da lì. Inizi con la musica, e le idee seguono. Poi inizia a rappare, e le registri, e qualche volta – a me capita spesso – non viene bene quanto nella mia testa quando l’ho scritta per la prima volta.

JOHN: È così frustrante quando capita. Lo odio!

EMINEM: Già, perché sono contento, poi la registro e la ascolto, e penso “Oh mio Dio, questa roba è tremenda!”

JOHN: Ascolti tanto hip-hop contemporaneo?

EMINEM: Ascolto quasi tutto quello che esce.

JOHN: Chi pensi stia facendo grandi cose al momento?

EMINEM: J. Cole, Travis Scott. Kendrick è un grande. Il mio amico Royce da 5’9″ è incredibile. Joyner Lucas è molto bravo, Tech N9ne lo stesso.

JOHN: Amo il suo lavoro. Parliamo di “The Storm”, che è un esempio di qualcuno che si sta facendo il culo e sta dicendo qualcosa e riverbera in tutto il mondo. Quello che hai detto prima è ciò che credo, pensino – a parte gli artisti country – i musicisti di se stessi….

EMINEM: È qualcosa in cui sono davvero molto coinvolto. Se non ne fossi coinvolto, non potrei scrivere. Non posso fingere.

JOHN: Permettimi di chiederti, era totalmente improvvisato (il freesyle ai BET, ndr) o l’hai scritto tutto e poi memorizzato?

EMINEM: L’ho scritto. L’idea originale era di andare ai BET Awards e farlo acapella sul palco. Andai a casa qualche giorno e lo scrissi, ma poi all’ultimo minuto, i piani cambiarono e lo filmammo a Detroit.

JOHN: Penso abbia funzionato meglio.

EMINEM: Una delle cose che stavamo cercando di mimare erano i Public Enemy in “You’re Gonna Get Yours”. Non so se qualcuno l’abbia colto, ma quello era il tipo di modo che cercavamo. Il mio problema era di cercare di dare un messaggio e anche ricordare tutte le parole. Ho dei problemi a memorizzare le cose. Sono sempre in un processo di scrittura di una nuova canzone, quindi provare a memorizzarne una richiede tempo.

JOHN: Le persone sul set con te, l’avevano ascoltata prima?

EMINEM: Nah, nessuno.

JOHN: Doveva essere detto. Vengo in America dal 1970, ed è come la mia seconda casa, ma non ho mai percepito il Paese così diviso, mai. Non pensavo saremmo mai arrivati a questo punto, mi piange il cuore.

EMINEM: Riguarda lo stare in piedi davanti all’oppressione. Questo è esattamente quello per cui i militari e le persone che hanno dato la vita per questo Paese hanno combattuto – per avere il diritto di avere voce e di protestare di fronte alle ingiustizie e combattere contro ciò che si ritiene sbagliato. Non stiamo mancando di rispetto ai militari, alla bandiera o al paese. Ma vogliamo rendere le persone consapevoli della merda che li circonda. Abbiamo un presidente a cui non importa di tutto il paese, non è il presidente di tutti noi, è il presidente di alcuni. E lui sa cosa sta facendo.

JOHN: Tutto ciò che fa è consapevole.

EMINEM: Fino a che avrà la sua base, non gli importerà un cazzo di tutta l’America. Ma sai che c’è? Siamo più noi di loro. Penso che l’America sia ancora il miglior posto dove vivere. È la mia opinione. Ma abbiamo problemi su cui dobbiamo lavorare e che dobbiamo migliorare.

JOHN: So che hai fatto dei festival quest’anno. Hai intenzione di andare in tour il prossimo anno?

EMINEM: Non ne sono sicuro, di solito facciamo mini tour.

JOHN: Ti piace andare in tour?

EMINEM: Era duro andare. All’inizio della mia carriera quando ero nella mia fase più pazza, facevo due o tre show al giorno. Era dura perché non ti sembrava di avere più una vita. Mi piacere però esibirmi davanti al pubblico.

JOHN: La cosa peggiore è il viaggiare. E l’essere lontano da casa.

EMINEM: Si, verissimo.

JOHN: Qual è il miglior consiglio che ti abbiano mai dato e da chi ti è stato dato?

EMINEM: Direi di nuovo Dre. In realtà, mi diede un paio di consigli. Quando firmai la prima volta per Aftermath, avemmo una serie di discussioni sul come volevo portare il mio gruppo D12 e incanalarli nella giusta direzione. Dre disse “Devi prima costruire la tua casa prima di portarci gli amici dentro”, ed ebbe un forte impatto su di me. Col senno di poi, aspettare fu probabilmente meglio perché così creammo Shady Records e fummo in grado di metterli sotto contratto tutti. È anche solito dire, “può essere di cattivo gusto finché non ha un cattivo gusto”

JOHN: Non conosco Dre – l’ho incontrato una o due volte – ma mi sembra un Obi-Wan Kenobi, ho ragione?

EMINEM: Si! Mi ricordo anche qualche consiglio che mi diede Rick Rubin. Stavamo parlando di una canzone o qualcosa del genere, e disse “Non mi considero abbastanza intelligente da sapere cosa pensano tutti, quindi faccio quello che mi sento”.

JOHN: Fare una canzone è come far nascere un figlio. E quando le persone suggeriscono qualcosa su cui non sono d’accordo, come cambiare il ritornello e spostarlo, mi girano i coglioni. Ma poi ci penso, perchè non ha senso avere un altro membro in una band se non lo stai a sentire. E questo mi fa infuriare, ma di solito hanno ragione cazzo, hai presente?

EMINEM: Oh, si quello è Paul.

JOHN: Paul Rosenberg?

EMINEM: Sì, il mio manager. Siamo stati insieme durante la lavorazione di ogni album, e qualche volta eravamo d’accordo, altre no. Infatti lui di solito ha ragione. È dura quando passi così tanto tempo su qualcosa, scrivendo e registrando, facendo le voce, i ritornelli nel modo giusto, fare il beat adeguato, e far suonare tutto bene – spendi una cazzo di settimana provando a far suonare tutto bene, e poi arriva qualcuno che te lo abbatte.

JOHN: Sei molto fortunato ad avere qualcuno come lui infatti.

EMINEM: Assolutamente – perchè, come ho detto, lui di solito ha ragione. Quando gli cantai “Not Afraid” per la prima volta, non era troppo convinto. Poi pochi giorni dopo, avemmo una discussione e disse, “Pensi abbia bisogno di un ritornello?” e io “Sapevo l’avresti detto”.

JOHN: Un grande editor è la cosa più preziosa che puoi avere come artista perchè, come hai detto, qualche volta sei troppo vicino ad una cosa. Io penso che questo, oltre al tuo talento, sia il vero motivo della tua carriera – perchè hai grandi persone alle tue spalle.

EMINEM: Assolutamente.

JOHN: Quando quest’album sarà fuori, le persone lo ascolteranno. Sarà un tributo alla tua longevità come artista, alla tua intelligenza, alla tua musicalità e alla tua abilità lirica. Sono molto contento della tua presenza nel mondo, e sono orgoglioso di te. Hai lavorato durissimo su te stesso, e nessuno se lo merita più di te, Marshall, e ti voglio bene da tanto tempo, okay?

EMINEM: Grazie Elton, ti voglio bene anche io.

Una piccola risposta a chi pensa che Eminem sia finito e non sia più rilevante.

Fonte: Interview Magazine.