Cosa hanno in comune il rap, il cantautorato e la poesia?

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Rap, cantautorato e poesia: somiglianze e differenze spiegate da Bassi Maestro, Macro Marco, Don Diegoh, Mistaman e Bosca


Come qualcuno avrà già capito, uno dei motivi che ci ha spinto a fondare questo nuovo portale è la voglia di provare a conferire un posto stabile nella cultura italiana al nostro amato rap. Per alcuni questo “casus belli” sarà esagerato o addirittura non ha senso di esistere, ma il semplice fatto che questo genere musicale venga ancora paragonato – a volte davvero forzatamente – al cantautorato, alla poesia o all’indie, dovrebbe farci riflettere: davvero non merita una propria identità?

Danno dei Colle Der Fomento, qualche anno fa, in una bellissima intervista disse che secondo lui un pezzo rap è davvero figo quando in macchina non lo si skippa alla presenza di persone non appassionate a tale genere; personalmente credo sia vero, ma penso anche che sia esattamente la testimonianza del fatto che stiamo parlando di una corrente musicale ancora “scivolosa” per buona parte degli italiani.

Immaginate di essere dei tassisti e di accogliere nella vostra auto un qualsiasi uomo di mezza età: nessuno di voi toglierebbe dalla radio un pezzo di De Andrè, ma sfido chiunque di voi a non farlo con in play un brano trap; non è infatti improbabile che questo cinquantenne storcerebbe un po’ il naso all’ascolto. A mio avviso questa è proprio la testimonianza del fatto che il rap in Italia sia ancora un qualcosa di lontano e poco chiaro per ancora milioni di persone, nonostante, ad esempio, i numerosi certificati FIMI.

Noi non siamo né giornalisti, né scrittori, né rapper: siamo ragazzi che amano il rap i quali, arrivati ad un’età adulta cominciano a sentire il bisogno di far capire ai non autoctoni di questo genere il potenziale del suddetto. Crediamo anche che sia il perfetto specchio della nostra generazione, una generazione che ha voglia di dire la propria, ma con modalità diverse, spesso non comprese da tutti. Convinti delle nostre riflessioni, in tempi, modi e luoghi diversi abbiamo chiesto ad alcuni rapper e produttori della scena italiana cosa pensassero dei comuni paragoni tra rap e cantautorato o tra rap e poesia. Ecco cosa ci hanno detto:

Bassi Maestro

«Sinceramente è una cosa che mi ha sempre fatto abbastanza sorridere. Personalmente non sono mai stato un amante della poesia, non ho mai letto poesia nonostante anch’essa sia spesso in rima, la cosa invece che mi ha appassionato del rap è che una sorta di “anti poesia”, è tutto molto più diretto, con una ritmica diversa. Questi paragoni sono “giochi” che vengono fatti a livello mediatico per paragonare il rap a qualcos’altro senza però dare così al rap una propria identità. Poi è ovvio che può esserci il rapper più lirico, quello più cantautore o quello più punchliner, ognuno ha il suo viaggio. Per me però il rap più è ignorante come approccio più naturalmente si esprime. Se raffini troppo la formula perdi la spontaneità, fai robe troppo sofisticate ed esci dal tuo tracciato.»

 Macro Marco

«La questione “nuovi poeti” è una cosa che a me è sempre stata abbastanza sulle scatole: un poeta è un poeta, non è un cantante. Sui nuovi cantautori ci sta alla grande perché la parola cantautore significa colui che – in teoria – scrive e canta le proprie canzoni, non è un “esecutore” che canta canzoni scritte da altri, e il rap si è sempre bastato su questa cosa, quindi perché no. Non è una parola aulica “cantautore”, non significa che sei parte di una “setta”, è bello il fatto che esca in questo discorso la figura del rapper perché vuol dire che adesso il rap, a differenza di un po’ di anni fa, è entrato a far parte completamente di quella che è la musica in Italia e non solo per una questione di dischi venduti o di classifiche ma proprio perché c’è , è presente, i ragazzini si ascoltano quello e quindi sotto questo aspetto credo sia una cosa normalissima e anche bella. 

Quando si parla di generi musicali, si arriva a questi discorsi quando sono “stretti” i termini di paragone, come in questo caso tra rap e cantautori, sono “trucchi” che si usano per far capire di cosa si parla a qualcuno che quel genere non lo conosce. Una volta però era sicuramente peggio di oggi il discorso dei luoghi comuni sul rap, se andavi in giro con i baggies era anche possibile che prendevi due schiaffi, oggi è diverso. Quello che secondo me dovrebbe esserci è una maggiore attenzione sull’utilizzo della parola “rapper”: non sono tutti dei rapper.  Forse ora come ora c’è sia la corsa ad essere rapper perché “fa figo” e sia ad atteggiarsi da indie.

C’è un discorso ancora più lungo forse da fare rispetto questa roba qui, ovvero che spesso e volentieri il problema della parola “rapper” non è legato tanto alla questione musicale quanto più che altro alla questione dell’hip hop quindi dell’essere dentro o no al “viaggio” delle 4 discipline che forse a qualcuno può stare stretto, non rappresenta determinate persone. Finché si parla di rap è una questione tecnica, ma quando si parla di hip hop è tutto un altro paio di maniche, non diventi hip hop da un giorno all’ altro. Comunque c’è sempre il problema dell’etichettare tutto quanto, i generi su iTunes, le classifiche… questa cosa di “inscatolare” può avere determinati effetti, ma forse sono tutte stronzate. Iniziamo a usare meglio la parola rap, quello sì.»

Don Diegoh

«Questa cosa del “rapper come cantautore” è nata perché in questo momento i cantautori si trovano in difficoltà a livello di classifiche e hype rispetto ai rapper. Per quanto se ne voglia parlare il rap, anche a livello semantico, deve “colpire” dritto, deve essere un pugno nello stomaco.»

 Mistaman

«Innanzitutto bisognerebbe capire cosa si intende per poesia e cosa per cantautorato. Perché per come la intendo io la poesia è catturare una sensazione che una persona può provare e trovare le parole per descriverla: in questa logica il rap è poesia. Se invece la si intende in senso stretto, il discorso non regge. La cosa figa del rap e dell’arte in generale è che è capace di catturare una sensazione, descriverla e farla arrivare.

Poi magari all’ascoltatore arriva qualcosa di diverso però almeno hai acceso le sinapsi di una persona e forse quello è già di per sé considerabile “poesia”. Riguardo i cantautori invece si può dire che essendo loro autori ed esecutori della loro musica, esattamente come i rapper, ci può essere un parallelismo tra le due figure. Poi tutta la parte “estetica” del cantautorato non c’entra un cazzo con l’hip hop, ha più a che fare con il mondo indie, il rap deve mantenersi ignorante, cattivo e hardcore.»

Bosca

«I cantautori sono letteralmente artisti che interpretano canzoni scritte da loro stessi e quindi in questo combaciano con i rapper. I poeti usano parole, rime e metriche/ritmi particolari per comunicare concetti e emozioni: esattamente come i rapper. Infine, la letteratura è l’insieme delle opere scritte di una determinata cultura/nazione e in questo senso direi che il rap rientra nel calderone.

Quindi se mi stai chiedendo se ci possano essere similitudini tra il rap e il cantautorato o la poesia, la mia risposta è sì, ma consideriamo sempre che nel mondo letterario rientrano sia “Il giovane Holden” di Salinger che “Esco a fare due passi” di Fabio Volo. É proprio un mondo molto ampio!»

Come era immaginabile – e come è giusto che sia – una risposta univoca riguardo questo tema non c’è. Quello che abbiamo notato tuttavia è un punto in comune da parte di tutti questi artisti con il nostro pensiero: anche loro, chi più chi meno, desiderano maggiore rispetto verso il rap in senso stretto, con tutto quello che questo può significare sia a livello di opinione pubblica che di industria musicale. La strada, a seconda dei punti di vista, può essere ancora lunga oppure no, ciò che è certo è che vi sono diversi Paesi da prendere come esempio (USA, Francia, Spagna), nei quali questo processo è già stato concluso da tempo.

Ora spetta a voi dirci la vostra opinione: cosa hanno in comune il rap, il cantautorato e la poesia?

Artwork by Marco Ferramosca.